Catena Fiorello (scrittrice - autrice televisiva)   Roma 1° Maggio 2003

                    Intervista Gianfranco Gramola 

Un cognome, una garanzia

Il cognome è tutto un programma, si perché è la sorella del “Salvo D’Acquisto” televisivo, Beppe, e dello show-man Rosario, in arte Fiorello e come quest’ultimo, la bella siciliana, quando parla è un fiume in piena di simpatia, curiosità ed entusiasmo . Catena, oltre ad essere la manager del fratello e autrice televisiva (Buona Domenica,  Festivalbar, ecc..), ora è anche scrittrice. In marzo (2003) è uscito per la Castoldi e Baldini il suo primo libro:” Nati senza camicia”, venti interviste a personaggi che , dalle origini umili, sono riusciti ad emergere e ad occupare uno spazio di rilievo nella società, riuscendo a realizzare i propri sogni grazie alla grinta e alla loro forza di volontà. Catena è una ragazza curiosa, ma non dei pettegolezzi “vippaioli”, bensì del mondo che si nasconde dietro ad ogni singola persona ed inoltre è attaccata alle sue radici siciliane e al suo amatissimo mare, amico d’infanzia, di cui avverte ancora le sue onde e il suo odore, dentro l’anima. Una curiosità: il suo libro ha una piccola dedica indirizzata a Nutella.   “ E' il mio splendido cane di razza bulldog inglese – spiega Catena – che mi ha insegnato ad amare senza riserve tutti gli animali e a capirne gioie e dolori “.

Ha detto:

- Sono sempre stata affascinata dal racconto delle persone e sono convinta che dietro ogni uomo si nasconda un mondo.

- Intervisto chi è riuscito ad avere successo esclusivamente grazie alla propria tenacia e bravura.

- Gelosa del mio uomo? Io cerco di monitorarlo come una Tac, più a fondo di una risonanza magnetica. Non mi ha dato mai motivo di esserlo, però non si sa mai.

- Ho un pessimo rapporto con i ricchi, soprattutto con quelli che ti portano a casa loro per mostrare quello che possiedono.

- Noi fratelli abbiamo preso molto da nostro padre, che era un incrocio tra Nelson Mandela e Domenico Modugno.  

- Viviamo in una buffa società che esalta solo le esagerazioni. Tutto, dalla Tv ai giornali, alla pubblicità, invia ai giovani il messaggio che si vale qualcosa solo se si è belli, famosi, ricchi e soprattutto se si appare sul piccolo schermo, a far cosa non importa e con quale talento o futuro conta ancora meno.

Intervista

L'appuntamento è per mezzogiorno. La raggiungo sul cellulare. Lei si trova in un albergo romano del centro.  

Com'è nata la voglia di scrivere questo libro, Catena?

È un progetto che coltivo da tanti anni e non l’avevo ancora sviluppato per mancanza di possibilità e di tempo. Ho deciso di scrivere quest’opera per dare, in un momento storico molto difficile, un messaggio positivo soprattutto ai giovani, cioè quello di non arrendersi mai e di non pensare che non ci sarà una chance , anche se si è nati in famiglie non agiate e oltre al concetto generale volevo dare anche dei riferimenti pratici, veri e propri insomma.

E la scelta dei personaggi com’è avvenuta?

La scelta è nata dalla mia simpatia personale nei riguardi di queste persone. Leggevo le loro storie sui giornali o avevo sentito parlare di loro attraverso degli amici comuni, poi ho avuto la fortuna di contattarli e mi hanno detto subito di si e il libro si è potuto realizzare. Nell’arco di sette mesi di lavoro abbastanza faticoso, ho messo insieme queste interviste,girando a destra e a manca, facendo un lavoro molto preciso e metodico e sono riuscita ad avere questo risultato.

Un personaggio che t’ha colpito maggiormente?

Sai,Gianfranco,ognuno di loro ha una storia diversa, con le proprie difficoltà e le proprie speranze e i loro sogni ma con un filo conduttore, cioè quello di essere nati poveri. Se ti dicessi un nome in particolare tradirei gli altri 19. Sono tutte storie molto belle che hanno qualcosa da trasmettere.
Penso che continuerò, con cadenza annuale, a fare libri di interviste perché mi piace molto.

Veniamo a Roma. Quando ti sei stabilita a Roma?

Era il gennaio del ’96. L’impatto è stato normalissimo, nel senso che non è stato traumatico, perché Roma è una città che assomiglia di più alla mia Sicilia che non a Milano, città da dove arrivavo. Ho abitato a Milano per quattro anni. Sono venuta ad abitare nella Capitale in occasione di “Buona Domenica” condotta da Fiorello, perché io ero tra gli autori del programma insieme a Costanzo.

Dove ti sei accasata?

Alla Balduina, Roma nord e sto ancora lì. E’ una zona che mi piace molto perché è una zona alta di Roma e c’è molto verde, giardini pubblici… è una zona che mi fa respirare.

Che rapporto hai con Roma?

Un rapporto un po’ conflittuale, nel senso che è una città che mi piace molto ma che nello stesso tempo mi fa star male quando devo andare in centro negli orari di punta e quindi significa non respirare e per una persona come me, allergica e che soffre di rinite è un disastro soprattutto in primavera e in estate perché mi dà parecchi problemi.



C’è un angolo a cui sei affezionata?

Si! Anzi, più di uno, però mi piace molto via Mario de’ Fiori perché è un posto molto intimo. Amo anche Campo de’ Fiori e piazza Farnese e tutte quelle vecchie viuzze che ci sono lì intorno. 

Cosa provi nel tornare a Roma dopo una lunga assenza?

Mi rendo conto che vivo in una delle città più belle del mondo e provo un certo orgoglio e di questo me ne rendo conto solo quando me ne vado via. Roma purtroppo non ha il mare della mia Sicilia e per me è problematico, perché il mio rapporto con l’acqua è fondamentale. C’è Fregene, Ostia… Ma non è lo stesso mare, quello che piace a me, caro Gianfranco.

Come ti sembrano i romani?

Il romano è sicuramente una persona estroversa, molto aperta e fa in modo di mettere a proprio agio chi viene da fuori. Il difetto dei romani che più salta all’occhio a me che sono molto metodica, precisa e puntuale è che sono forse un po’ troppo approssimativi, faciloni.

Cosa ti manca a Roma della tua Sicilia?

Mi manca, fra virgolette, l’ospitalità sicula, che significa aprire la porta di casa anche a persone che non conosci molto bene, ma che sono amici degli amici. Diciamo che forse il romano vivendo in una città dove ti può capitare di tutto è un attimino un po’ più diffidente. Il siciliano invece ti apre la porta di casa senza sapere chi tu sia.

Cosa ti manca di Roma quando sei nella tua Sicilia?

Mi manca la possibilità di fare quello che voglio in qualunque momento del giorno e della notte. Se decido di fare la spesa alle tre di notte, a Roma si può, perché trovi negozi aperti 24 ore su 24, in Sicilia no. Se hai voglia di vedere uno spettacolo di arti giapponesi, a Roma trovi sicuramente il locale giusto. A Roma c’è l’offerta e la possibilità di fare molte cose che in Sicilia non c’è. Quando uno è giovane ha voglia di provare nuove esperienze e Roma ti dà la possibilità di vivere qualunque tipo di esperienza, lavorativa, sociale, ecc..tutto quello che vuoi a 360 gradi, altri posti no, forse neanche Milano.

A chi vorresti dire grazie?

A mio padre e a mia madre. Poi penso che a tutte le persone che ci sono state vicine nel corso della vita, bisognerebbe dire “grazie” per qualcosa. Forse, tornando indietro, c’è un’altra persona a cui vorrei dire “grazie”… a mia nonna Catena D’Amore perché lei mi ha dato un certo gusto della libertà. Perché , agli inizi del 1900, in una Sicilia chiusa, in cui tutto poteva essere vergognoso, lei viveva liberamente le sue condizioni di donna, facendo delle cose che potevano sembrare strane all’epoca, ossia fumare il sigaro, frequentare le osterie, andare in giro da sola. Ecco. Lei mi ha insegnato un certo gusto per la libertà.

E il tuo rapporto con la Fede?

Il mio è un rapporto molto profondo, nel senso che lì, mio padre ha fatto molto, perché ci ha fatto sempre intravedere una religione non ottusa, ci ha fatto vivere un cattolicesimo molto liberale… nessun ostruzionismo. Ci ha spiegato la religione modernamente, quindi non ho mai subito la forzatura di andare in chiesa la domenica, perché altrimenti non potevo sentirmi in pace. Mio padre ci ha sempre spiegato che esistono due tipi di rapporto con Dio: uno che passa attraverso la Chiesa e sei libero di scegliere se farlo o no, ma che sarebbe auspicabile perché altrimenti ,un prete,che ci starebbe a fare al mondo se ogni tanto non vai a trovarlo… e uno libero, che potrebbe essere un rapporto diretto con Dio, purtroppo ci sono molte persone che con la seconda scelta ne fanno quasi un escamotage per vivere un cattolicesimo senza direttive ben precise. Personalmente, il filtro che passa attraverso la Chiesa mi dà una certa sicurezza e tranquillità spirituale. Mi fa capire che anche con il rapporto con Dio bisogna avere dei limiti.