Maria Grazia Cucinotta  (attrice)         Roma 5.12.2020

                           Intervista di Gianfranco Gramola

E' uscito il libro di Maria Grazia Cucinotta "Vite senza paura".  Storie di donne che si ribellano alla violenza

Il suo sito ufficiale è www.mariagraziacucinotta.com

Maria Grazia Cucinotta è un'attrice, produttrice cinematografica ed ex modella italiana. È conosciuta internazionalmente per la sua partecipazione, accanto a Massimo Troisi, al film italiano “Il postino” e per essere comparsa nel film della saga “007 Il mondo non basta”. Negli Stati Uniti è nota anche per le sue esperienze come produttrice (ad esempio in All the Invisible Children e Last Minute Marocco). Nell’ottobre 2020 è uscito il suo libro “Vite senza paura”. Ce ne parla in questa intervista.

Com’è nata l’idea del libro “Vite senza paura” e qual è il messaggio che vuoi fortemente lanciare?

“Vite senza paura” è nata da un’idea della Mondadori. Mi avevano contattato perché volevano fare qualcosa per le donne. Sapevano che io ho un’associazione che si occupa di antiviolenza e questo da un paio di anni, ma sono 20 anni che collaboro con varie associazioni antiviolenza. Volevano che facessi un diario di quella che è stata la mia esperienza. E così ho raccontato la storia di 5 donne, non perché fossero solo 5, ma perché sono 5 storie che ho scelto un po’ perché mi sono rimaste nel cuore, un po’ per far capire che comunque a volte c’è il pregiudizio che queste cose possono capitare solo nei quartieri degradati oppure con donne che magari non hanno un grado di istruzione o che hanno un livello sociale basso. In realtà le donne che racconto, sono donne tutte diverse tra di loro, con nazionalità diversa, estrazione sociale diversa e ognuna di loro ha in comune che si sono innamorate della persona sbagliata. Ed è un messaggio per dire che a tutte noi può capitare, che ognuna di quelle donne può essere una di noi. A tutti può capitare di incontrare la persona sbagliata, ma non per questo uno si deve sentire un essere inferiore, perché è su questo che poi giocano quelli che ti fanno violenza, è di farti sentire che tu non sei all’altezza di vivere da sola o di stare da sola. Quindi si parte da questi racconti per far capire che una volta denunciato, c’è la possibilità di ricostruirsi, di avere una vita diversa e di continuare a fare un qualcosa per riprendere la propria vita, che è la cosa più importante. Nel libro racconto anche come ci siamo incontrate con Solveig Cogliani, questo magistrato donna che ha una delle cariche più alte nella magistratura, di come ci siamo incontrate con Francesca Malatacca, la nostra psicologa che da anni combatte e aiuta le donne che hanno subito violenza, per aiutarle a riprendere la propria vita, ma soprattutto anche per la maternità. Poi c’è Maria Stella Giorlandini di Artemisia Onlus, con la quale ci siamo associate quest’anno, perché lei ci ha offerto un call center gratuito, avendo lei 22  laboratori di controlli. Le donne quando vanno lì, magari trovano il modo per potersi aprire, di sfogarsi e magari di trovare un aiuto immediato.

Ho letto della tua disavventura parigina. Hai mai avuto problemi di stalker a Roma?

Con il successo, sono stata stalkerizzata per anni, però a Roma non sono sola. Ho la mia famiglia, c’è mio marito, ci sono i miei amici e bene o male mi sento molto tutelata. Quando tu ti trovi in una città, dove sei sola e non conosci nessuno, è logico che sei molto più vulnerabile.

Nel tuo libro racconti di donne che hanno reagito alle violenze. Perché molte donne invece non denunciano? Poca fiducia nelle istituzioni?

Perché hanno paura, perché non hanno fiducia nelle istituzioni e purtroppo è una triste realtà che i tempi burocratici sono molto lunghi. Poi c’è il fatto che ci sono persone che non ti credono, che mettono in dubbio il fatto che tu abbia subito violenza. Poi comunque una donna dopo una denuncia, deve scappare via, deve lasciare tutto e questa è anche una doppia violenza. Perché oltre a subire violenza, mentre l’altro sta tranquillamente a casa sua in attesa di essere giudicato, in attesa che la giustizia capisca qual è la verità, l’altra deve scappare, fuggire, nascondersi. Nascondere se stessa, nascondere i figli e questo diventa un disagio doppio. Bisognerebbe cambiare questo tipo di regole in modo che uno violento fosse preso e rinchiuso nell’attesa che venga appurata la verità. Che venga recluso in modo che non faccia del male a nessuno. C’è gente che da dentro le carceri manda altri ad ammazzare le donne. Ho sentito la storia di uno che era stato messo in prigione perché aveva accoltellato una donna che poi miracolosamente era sopravvissuta. Da dentro il carcere ha mandato un sicario per cercare di ucciderla e nonostante tutto questo, ci sono le registrazioni, è uscito per buona condotta. Assurdo. Allora lì dobbiamo cominciare a capire che i magistrati e le persone che chiudono gli occhi davanti a questo, sono degli assassini, sono complici degli assassini, perché chi fa  finta di non vedere, l’omertà, ti rende complice di un assassino.

Un altro problema è quello dei bambini che assistono alle violenze in casa.

Questo crea ulteriori disagi, perché un bambino che assiste ad una violenza, sarà un uomo violento nel futuro, a meno che tu non lo recuperi presto, nel senso che la donna riesca a fuggire, riesca ad essere assistita, aiutata da uno psicologo, con un’assistenza seria, si riesca a far capire al bambino che quello non è amore, che hanno vissuto una tragedia che è finita bene e che hanno la possibilità di rifarsi una vita.

Nel periodo del lockdown c’è stato un aumento delle violenze casalinghe. Come te lo spieghi?

Perché gli uomini si trovavano chiusi in casa e prima uscivano per lavoro, per fare la spesa, per un aperitivo. Con il lockdown si sono trovati chiusi in casa con la famiglia, poi tanti hanno perso il lavoro, quindi aumentando la frustrazione e purtroppo la maggior parte degli uomini, anche quelli che non lo erano, diventano violenti perché si sentono attaccati sull’essere uomo o magari non sopportano che le loro donne in quel momento particolare abbiano il lavoro, mentre loro no. Molti sono violenti anche perché lo erano prima e con il lockdown esce fuori la loro vera natura. Quando un uomo è violento e te lo ritrovi in casa 24 ore su 24, è difficile subire. Noi abbiamo avuto un caso di una signora che ha chiamato purtroppo in pieno lockdown e nessuno riusciva a muoversi, nessuno è riuscito ad aiutarla e soccorrerla. Noi siamo riusciti con la nostra psichiatra a stare al telefono con lei ore e ore, cercando di tranquillizzarla a livello psicologico, cercando di trovare un modo per farle salvare la vita, perché anche lì non puoi reagire d’istinto davanti ad un uomo violento. Se c’è la possibilità devi scappare subito, immediatamente, con una scusa. Aspettare che si calmi e fuggire. Però dall’altra parte devi chiamare subito il 118 o il pronto soccorso per farti portare via. Comunque ad oggi noi abbiamo presentato anche delle proposte di legge in Parlamento. Sono in attesa di essere approvate delle leggi che ci sia un ordine per tutte le case rifugio, perché tante sono le associazioni che sono fasulle, che non fanno nulla per aiutare le donne. Vogliamo che lo stalking non sia un reato preso alla leggera. Lo stalker è l’omicida che si può trasformare in un momento ed è sempre sottovalutato. Sarebbe utile anche che smettessero di dire tutte quelle attenuanti tipo “lei era ubriaca, lei portava la minigonna, era una ragazzina che andava in giro scollata”. Non ci sono attenuanti, chi violenta, è un violentatore. Chi ammazza è un’omicida, non ci sono attenuanti per queste persone. Chi pensa di essere proprietario della vita di un altro, va punito, messo in carcere e vanno buttare via le chiavi. C’è l’ergastolo che vuol dire a vita, quindi devono restare dentro tutta la vita, non che escano dopo 20 anni per buona condotta. Persone così non meritano di vivere in mezzo a persone civili. Io non devo avere paura di andare in giro. Le donne non devono sentirsi più prede. Se le punizioni cominciassero ad essere più restrittive e più severe, magari potremmo campare tutti un po’ più in pace. Come nei paesi dove c’è una semi dittatura, come la Cina. Tu vai in giro tranquilla e serena e stai sicura che nessuno mai ti violenterà per strada, perché c’è la pena di morte. Poi ci sono anche quelli fuori di testa perché hanno chiuso i manicomi e di conseguenza te li ritrovi per strada. Pensa che bella trovata. Una persona con serie malattie psicologiche, oggi come oggi è un disperato, perché non sa come fare, perché è una società che vive nei disagi. Hanno chiuso le case di igiene mentale perché erano dei lager. Invece di chiuderle, fa che funzionino. Metti delle persone decenti, dei professionisti, perché ci sono delle persone che hanno dei seri problemi psicologici, che non riesci a tenerli, perché poi li fanno uscire di nuovo.

Andrai in giro per l’Italia per promuovere il libro?

No, purtroppo no, ma non è un problema. I problemi sono altri, cioè i cinema chiusi, i teatri chiusi, ristoranti chiusi, alberghi chiusi. C’è gente che soffre molto di più. Per il libro spero nel buon cuore delle persone, perché il ricavato va tutto devoluto all’associazione e, questo è un mio sogno, parte del ricavato è quello di creare un fondo finanziario per poter aiutare le donne quando escono dalle case rifugio, almeno per i primi mesi, per poter dare loro almeno una indipendenza economica.