Miriam Candurro (attrice e scrittrice)                   Napoli 6.3.2024

                        Intervista di Gianfranco Gramola

“Io sono molto fatalista e credo che se le cose non arrivano è perché non devono arrivare. Massimo Ranieri? E’ un professionista instancabile. Lui era molto più energico di noi ragazzi sul set”

Miriam Candurro è nata a Napoli il 10 ottobre del 1980. Nella sua città consegue la maturità, presso il liceo ginnasio statale Giuseppe Garibaldi, e successivamente si laurea in Lettere classiche all'Università degli Studi di Napoli Federico II. Nel 2004 esordisce come attrice con “Certi bambini” di Andrea e Antonio Frazzi, film vincitore di tre David di Donatello. Il ruolo complesso e sofferto di Caterina le varrà il Premio Domenico Rea, come miglior attrice esordiente. Successivamente partecipa a varie fiction tv: E poi c'è Filippo, con Neri Marcorè e Giorgio Pasotti, Angela, film TV di Rai 1, con Sabrina Ferilli, Don Matteo 5, La squadra 7, L'inchiesta. Nel 2007 è protagonista, insieme a Massimo Ranieri e Michelle Bonev, della miniserie tv “Operazione pilota”, in onda su Rai 1. Nel 2008 ritorna sul piccolo schermo con la fortunata serie tv Capri, e sul grande schermo con la commedia “La seconda volta non si scorda mai” e con il film italo-americano “The Eternal City”. Nel 2010 recita in “Capri 3”. Il 12 marzo 2012 debutta nella soap opera di Rai 3 “Un posto al sole” nel ruolo di Serena Cirillo. Nel 2015 e 2016 è stata testimonial del marchio Biancaluna fotografata da Gaetano Mansi. Ha scritto due libri: “Vorrei che fosse già domani” e “La settima stanza”.

Premi e riconoscimenti

2017 – Madrina del padiglione “Luxus” della Biennale di Venezia

2017 – Premio Miglior Attrice commedia per “Vieni a vivere a Napoli”, IX Edizione Gala del Cinema e della Fiction

2017 – Premio Miglior Attrice per “Vieni a vivere a Napoli”, Salento Finibus Terrae Festival

2017 – Premio Diva e Donna per “Veleno” 2014: Premio Nazionale Mediterraneo per “Capri 3”

2004 – Premio Domenico Rea per “Certi Bambini”, Migliore attrice esordiente

Intervista

Mi racconti com’è nata la folgorazione per la recitazione?

La folgorazione per la recitazione è nata sul campo, nel senso che a 22 anni studiavo, ero all’università, sono laureata in Lettere classiche e una ragazza con cui studiavo mi propose di andare con lei a fare dei provini con due registi che stavano preparando un film a Napoli che si chiamava “Certi bambini”. Cercavano delle ragazze per delle scene in una casa famiglia. Per cui sono andata con questa ragazza e altre amiche a fare questo provino che era un’intervista, niente di più. Poi mi hanno richiamato dentro e mi hanno chiesto di fare un pezzettino recitato. Mi hanno dato una scena, io l’ho interpretata e poi sono andata via. Dopo un mese mi chiamano dicendomi che i registi mi volevano rivedere per un ruolo un po’ diverso e mi sono ritrovata a fare i provini per il ruolo da protagonista del film e alla fine sono stata scelta a quindi mi sono ritrovata a girare sul set il film da protagonista che non avevo neanche idea e non pensavo di fare l’attrice, non era nei miei piani. La cosa che mi ha colpito sul set è stata che io non avevo ansia di prestazione. Mi sentivo talmente a mio agio ed era il posto in assoluto in cui mi sentivo più sicura di me per assurdo, nel senso che era come se avessi sempre saputo come stare sul set. Poi recitare è un altro discorso  (risata). Il film è andato molto bene perché è stato vincitore di 3 David di Donatello. Da lì sono arrivate altre proposte, io mi sono fermata, ho studiato, ho fatto dei corsi di recitazione a Roma perché ero troppo grande per entrare al Centro Sperimentale e ho continuato a coltivare questa passione. Dopo “Certi bambini” ho sempre lavorato e quindi ho imparato molto sul campo più che al di là dei corsi che uno può fare, che è la cosa più bella. Mi sono sentita fortunata imparando sul campo e “rubando” ai colleghi.

I tuoi genitori come hanno preso la tua scelta artistica?

Non l’hanno presa bene. Loro avevano in mente un altro futuro per me e anch’io a dire la verità. Quindi diciamo che in famiglia siamo rimasti tutti scioccati perché il cinema si faceva a Roma e mia madre mi diceva: “Ma una come te, che sei di Napoli, papà insegnante, mamma casalinga, può fare l’attrice? Vai a fare questa cosa e poi basta e torna a fare le tue cose”. In realtà io mi sono laureata, nel senso che ho continuato a fare il mio percorso di studi, ma ho continuato anche con il cinema. Quindi mi sono sempre data dei limiti di tempo, nel senso non amavo l’idea di aspettare all’infinito che arrivasse il ruolo importante e mi dicevo: “ Faccio ancora un anno di cinema e se non arriva una cosa interessante tale da permettermi di farlo come mestiere, mollo”. Puntualmente però le cose non smettevano mai, arrivavano progetti nuovi, interessanti e alla fine mi ritrovai quasi catapultata quasi senza rendermene conto, in questo mestiere.

Con quali miti dello spettacolo sei cresciuta? Chi sono stati i tuoi idoli?

Da brava napoletana avevo una grande passione per tutto il teatro di Eduardo De Filippo, che conosco a memoria e poi amavo tutto quello che era la produzione napoletana all’epoca. Ero innamorata di Monica Vitti, una delle donne del cinema che amavo di più. Però da lì a pensare che un giorno avrei fatto anch’io quel mestiere non l’avrei mai immaginato.

Hai lavorato con molto artisti famosi. Un tuo ricordo di Massimo Ranieri e Sabrina Ferilli.

Massimo Ranieri è un professionista instancabile. Lui era molto più energico di noi ragazzi sul set. Diceva: “Ti piace fare questa cosa? La vuoi fare? Studia, mettiti sotto e impegnati”. Mi ricordo che durante le riprese di “Operazione pilota” io stavo facendo un provino dove dovevo ballare e cantare. Mi disse: “Tu vuoi fare questo provino? Come ti stai preparando, come stai studiando?”. E io: “Sto provando a casa”. E lui: “Ma stai scherzando?” E lui mi ha fissato un appuntamento di tre giorni di lavoro con il suo coreografo per prepararmi a questo provino. Questo per dire che tipo di approccio lavorativo aveva lui e che è un approccio vincente perché poi fondamentalmente è quello che probabilmente a noi nuove generazioni manca, cioè fare dei sacrifici per arrivare a qualche cosa. La Ferilli è un’attrice molto generosa. Io ero al terzo o quarto lavoro, quindi ero praticamente all’inizio e lei con me fu molto carina e accogliente. “Angela” era uno di quei film che cambiava un po’ la carriera di Sabrina, perché comunque era un film dove lei non puntava sulla bellezza ma era comunque un lavoro da vera attrice. Quindi era molto concentrata, molto attenta e anche molto empatica con il resto del cast. Una persona alla mano insomma.

Hai recitato nelle serie Tv “Capri” e “Un posto al sole”. Quale ti ha dato più notorietà e quale ti ha dato più soddisfazione?

Più popolarità sicuramente “Un posto al sole” perché ormai con i social c’è la possibilità di amplificare la popolarità. “Capri” mi ha fatto fare quel passaggio da attrice di vari progetti, dove ero un secondo o terzo nome a un ruolo da protagonista di serie. Sicuramente è stato quello che ha cambiato l’andamento della mia carriera. Però “Un posto al sole” con il fatto che va in onda tutti i giorni, permette di entrare nell’immaginario delle persone in maniera talmente forte che ti riconoscono per strada anche se sei con il cappello e gli occhiali (risata). Però “Capri” è stato il progetto che ho amato di più anche se è stato faticosissimo prendere quel provino, ho messo in campo tutte le mie capacità ed è stata una cosa complicatissima, un ruolo blindato.

Hai fatto televisione e cinema. Al teatro ci hai mai pensato?

Il teatro mi vedrà impegnata quest’anno perché sto preparando due spettacoli. Il primo che debutterà tra poco, è un’idea che è venuta ad un mio caro amico, il nostro regista di “Un posto al sole” che è Stefano Amatucci, che ha messo assieme 4 attrici e ha provato a portare in scena un testo di Francesco Silvestri che si chiama “Streghe da marciapiede”, lo faremo e partirà tutto a fine aprile. Poi sto lavorando ad un testo teatrale di una mia cara amica, una bravissima scrittrice che si chiama Angela Matassa e ci auguriamo di portarlo in tournée l’anno prossimo.

Ho letto che hai scritto un libro.

In realtà sono due. Quello della scrittrice è quello che avrei fatto se la mia carriera di attrice non fosse partita e non mi avesse travolto probabilmente sarei finita a scrivere perché era la mia ambizione fin da quando ero piccola. Per cui ho sempre continuato a coltivare la scrittura, poi è arrivato il momento in cui quello che scrivevo poteva essere letto. Il primo romanzo l’ho scritto a quattro mani, io e Massimo Cacciapuoti e lui mi ha dato il coraggio di lavorare sulla scrittura. Il secondo romanzo invece l’ho scritto da sola durante il periodo del covid e si chiama “La settima stanza”  ed è un libro di cui vado fiera nel senso che è il romanzo che avevo in testa da tanto e che volevo scriverlo in quel modo e la Mondadori, che l’ha pubblicato, ha capito che avevo bisogno che il romanzo non fosse ritoccato, di non correggerlo o modificarlo e di lasciarmi grande libertà sia per il titolo che per la copertina e per il testo. Sono molto felice e quel romanzo quando lo rileggo penso che l’avrei scritto proprio così, con quella trama molto bella.

Il mondo dello spettacolo era come te lo immaginavi o hai avuto qualche delusione? 

Ti dico che me l’hanno prospettato molto peggio (risata), nel senso un po’ strano e ambiguo, però io non ho mai avuto nessun tipo di difficoltà. Io sono molto fatalista e credo che se le cose non arrivano è perché non devono arrivare e quindi se sarò stata anche derubata di qualche ruolo, sarà successo che qualcun’altra mi sarà passata avanti, però ti dico che forse non doveva essere il mio, per cui va bene così. Quello che ho fatto finora era quello che mi doveva succedere.

Tu sei napoletana. In quale zona di Napoli sei cresciuta e cosa ti piace della tua città?

Io sono nata e cresciuta nella zona più viva della città, proprio in centro, zona stazione Centrale ed è il quartiere da cui ho attinto tutto nei primi lavori che ho fatto perché c’era veramente un’umanità variegata. Potevi trovare qualsiasi tipo di ceto sociale e io ho veramente imparato tantissimo nell’osservare la varia umanità. Diciamo che Napoli ti da grandi opportunità ed è una città che si vive di pancia e che vive di pancia, nel senso proprio di emozioni forti e questo secondo me è la discriminante di tanti artisti napoletani, non solo di attori, ma anche di cantanti, perché quotidianamente ti fa fare i conti con le emozioni e si impara a viverle, si impara a gestirle, a lavorarci, per cui è una città piena di cuore e ti procura grandi emozioni.

A Napoli si mangia molto bene. Un peccato di gola che ogni tanto ti concedi?

Io sono un amante della pasta, quindi non toglietemi i carboidrati che mi arrabbio (risata). Sicuramente amo la genovese, fatta come si deve, con un buon ragù. E’ un peccato di gola che preferisco a qualcosa di dolce o qualcosa che ha a che fare con un fine pasto.

Di cosa hai bisogno per essere felice?

Mi basta molto poco, mi basta la serenità. La serenità e l’equilibrio nelle cose mi rendono felice. La possibilità di trovare sempre delle persone accanto che mi sostengono o con cui fare un percorso insieme.

A chi vorresti dire grazie?

La lista è troppo lunga Gianfranco, perché ci sono tante persone che dovrei ringraziare. Il primo grazie in assoluto va ad Antonio perché insieme ad Andrea, che non c’è più, sono stati i registi del mio primo film e hanno visto, pensato e immaginato che quella ragazzina che era andata a quell’incontro per il provino, potesse diventare un’attrice e che se non ci fosse stata quell’occasione, avrei fatto un percorso completamente diverso, bellissimo ma diverso.