Paolo Jannacci (musicista e compositore)       Milano  5.5.2023

                             Intervista di Gianfranco Gramola

“Papà era una figura un po’ enigmatica alle volte, una figura difficile da incorniciare, da catturare e conformare”

Il suo sito ufficiale è www.paolojannacci.com

Paolo Maria Jannacci è nato a Milano nel 1972. Unico figlio del famoso cantautore e musicista milanese Enzo Jannacci e di sua moglie Giuliana Orefice, inizia gli studi in campo musicale all'età di sei anni con Lina Marzotto Pollini e Davide Tai. Prosegue gli studi di strumento e armonia con il padre Enzo Jannacci, Paolo Tomelleri e il maestro Ilario Nicotra, parallelamente ad una formazione linguistico-umanistica. Nel 1990 si diploma al liceo linguistico Internazionale di Milano. Dal 2008 si perfeziona musicalmente presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Como con il maestro Carlo Morena. Il 31 dicembre 2019 viene annunciata la sua partecipazione al Festival di Sanremo 2020 con il brano Voglio parlarti adesso, ottenendo il 16º posto finale. Suona il pianoforte, la fisarmonica, il basso e insegna musica d'insieme al CPM (Centro Professione Musica) a Milano.

Formazione

Suona jazz con il suo trio (Marco Ricci e Stefano Bagnoli), con i suoi duo: (1 con Daniele Moretto alla tromba e flicorno) (2 con Luca Meneghello alla chitarra acustica ed elettrica) e con il suo quartetto: (Marco Ricci, Stefano Bagnoli e Daniele Moretto), e "In Concerto Con Enzo" (esecuzione di brani jazz e canzoni del padre).

Intervista

Il 3 giugno sarai in teatro con il tuo spettacolo “Jannacciami”. Ci sarà musica e poi?

Sarà un grande concerto con tanti ospiti, in più ci sarà un’orchestra d’archi che mi accompagnerà almeno per metà concerto. Farò più brani possibili del papà, quelli più amati ma anche brani meno conosciuti e quindi sarà una bella sorpresa anche per quelli che conoscevano papà e magari non conoscevano quei brani lì o non li hanno sentiti da tanto tempo. Sarà una bella serata, un bell’omaggio al mio papà Enzo Jannacci.

Sarai in giro per l’Italia con questo spettacolo o sarà un appuntamento unico?

Questo è un evento unico per la tipologia di difficoltà, di ospiti e di organico. Io di solito porto sempre in giro per l’Italia lo spettacolo permanente che si chiama “In concerto con Enzo”. Abbiamo ripreso l’ultima scaletta che abbiamo gestito con il papà e da quella siamo ripartiti attualizzandola e adattandola.

Recentemente hai pubblicato un libro come omaggio a tuo papà. Cosa ti ha spinto a scriverlo? E’ stata un’urgenza personale?

L’idea è venuta all’editore Hoepli che mi ha chiesto di fare questo libro su papà,  all’inizio io non volevo farlo, poi però mi sono convinto perché il grande giornalista musicale che si chiama Enzo Gentile, con cui avrei collaborato,  mi dava la possibilità di fare un po’ di ordine nella vita e in tutto quello che ha fatto Enzo. Papà era una figura un po’ enigmatica alle volte, una figura difficile da incorniciare, da catturare e conformare. Intendevo  scrivere qualcosa di più ordinato di quello che c’era in giro scritto da altri. C’è anche  la testimonianza di un sacco di amici, di colleghi, ti parlo di Vasco Rossi, Paolo Rossi, Cochi Ponzoni, ma anche  dei suoi colleghi medici come Marco Giacomoni e Giorgio Vittadini, presidente di sussidiarietà di Milano, che hanno conosciuto papà e hanno dato una loro testimonianza e quindi mi hanno aiutato  a ricordare la figura di mio padre. Devo dire che è venuto fuori un libro molto onesto, molto bello perché è anche un libro popolare, per via del costo non eccessivo, inoltre ha delle belle immagini che ho trovato negli archivi di famiglia ed è venuto fuori un bel lavoro.

Foto di Simone Galbiati

Essere figlio di un musicista, è quasi d’obbligo seguire la strada paterna o tu volevi fare un altro lavoro?

Diciamo che è stata una concomitanza di fattori. Ovviamente io lo ascoltavo, sentivo papà cantare e suonare e sono rimasto folgorato, però mi sarebbe piaciuto anche a me continuare il lavoro del “vecchio”, cioè quello di medico e chirurgo soprattutto, ma non era il momento giusto per me e la passione per la musica era troppo importante e al momento non ero in grado di fare due cose assieme. Infatti papà mi disse: “Concentrati sulla musica, perché  è la tua strada”. E così è stato, ho seguito il suo consiglio.

In qualche modo cerchi di assomigliare a tuo papà?

In certe cose mi piace assomigliare a lui perché mi ha dato un’impronta che per me è importante, un’impronta che mi stimola a fare la differenza nel mio modo unico di suonare e di vedere le cose. Però è una “zampata” che a me piace sempre ricordare e far ascoltare nei miei modi di fare, nel mio modo di cantare e di suonare. Poi ovviamente ho un mio stile, però non lo rinnego assolutamente.

A parte tuo papà, con quali miti della musica sei cresciuto?

Senz’altro con Paolo Conte, senz’altro con i jazzisti americani che mi hanno formato dal punto di vista estetico musicale, ti parlo di compositori e direttori d’orchestra, anche dal punto di vista leggero, che sono David Foster e Quincy Jones e dal punto di vista dei solisti, assolutamente Cold Train e Bill Evans che mi hanno veramente formato molto dal punto di vista musicale. Poi tutta la parentesi rock che tengo sempre sotto controllo, dagli AC/DC fino ai Toto sono sempre vivi nel mio ascolto.

Dopo una esibizione temi più il giudizio del pubblico o dei giornali?

Per me il pubblico è molto importante, quindi osservo la loro reazione durante le mie esibizioni.

Qual è il momento della giornata più fertile per comporre la tua musica?

Dipende, può essere a metà giornata, come può essere la sera. Di solito quando non sono in debito di zuccheri (risata), ossia quando sono abbastanza nutrito e tranquillo e quindi con il metabolismo giusto.  

La musica bisogna solo ascoltarla o anche capirla?

La musica deve essere capita, sentendola, se posso farti un gioco di parole. Devi ascoltare una cosa e assimilarla. Prima di tutto ti deve piacere e poi devi capire perché ti piace ovviamente.

Foto di Simone Galbiati

Ho letto che hai ricevuto parecchi premi e riconoscimenti. Ce n’è uno a cui tieni in modo particolare?

Senz’altro il premio Tenco preso anche con il papà. Ne ho preso tre con papà, uno per la canzone “L’uomo a metà”, poi per “Lettera da lontano” e poi per il miglior album dialettale che era “3–6–2005”.

Hai un sogno artistico?

E’ quello di continuare a vivere facendo musica, cercando di far felici le persone che mi ascoltano.

Se tua figlia volesse fare la musicista, che consigli le daresti?

Le direi prima di tutto che il lavoro del musicista è difficilissimo, perché si basa su una grande cultura personale, su una grande sensibilità a livello anche psicologico. Quindi è un grande lavoro manageriale e personale, perché bisogna gestirsi in maniera molto oculata e con grande difficoltà.

Se ora tu avessi davanti tuo papà, cosa gli diresti?

Di raccontarmi cosa sta pensando di questo nostro periodo, se ha qualche consiglio e se sto facendo bene il mio lavoro.