Silvia Senette (giornalista)     Trento 10.6.2011

                    Intervista di Gianfranco Gramola

Una ragazza simpatica, intelligente, combattiva e generosa, che avrà un brillante avvenire nel giornalismo  

Silvia Senette (all’anagrafe Silvia Maria Cristina Senette) è nata a Tradate il 1° ottobre del 1979. Cresciuta a Cislago, in provincia di Varese, è giornalista professionista dal 2006. Attualmente è Direttore della prima radio del Trentino Alto Adige, Rtt la Radio e della tv regionale TvAlpi. Prima di lavorare per RTT ha collaborato con Il Giornale, Libero, Il Sole 24 ore, Il Corriere del Trentino, Donna Moderna, Men’s Health e a «Cabra» (periodico portoghese, col quale ha collaborato durante l'anno di Erasmus a Coimbra). La sua famiglia paterna è originaria della Sardegna. Silvia è felicemente fidanzata con Roberto Gerardi. Ama il ciclismo e il tennis, inoltre ha un debole per la Roma di Totti.  

Intervista

Ho incontrato la giornalista di Tradate nell'accogliente e laboriosa redazione di TvAlpi, a Trento, in via Zanella 1, dove copre il ruolo di Direttore Responsabile di Testata. Di Silvia mi ha colpito immediatamente la sua spontaneità, la vitalità, l’ironia e il sorriso contagioso. In poche parole “una giornalista di grande carisma”.   

Papà giornalista, sorella giornalista. Il proverbio dice “Non c’è due senza tre”, quindi  per forza dovevi diventare giornalista o avevi altre aspirazioni?

Poco originale, dici? Noi ridendo diciamo sempre che a mia mamma il tesserino dell’ordine dei giornalisti lo daranno honoris causa perché è l’unica dei quattro che non è giornalista. In realtà papà è giornalista professionista, ma faceva l’operatore in RAI quindi si occupava di telecamere e di immagine, mentre la mamma è insegnante di lettere alle medie e noi non abbiamo fatto altro che unire le due cose. Abbiamo iniziato prima a scrivere e poi a me la TV è capitata per caso, mia sorella invece puntava già sulla TV e ha iniziato subito con Antenna Tre. Effettivamente poco originali, però la passione l’abbiamo respirata fin da piccoli, quando papà tornava a casa con la telecamerina, nei weekend, oppure quando l’accompagnavamo con la mamma in macchina, seguivamo la troupe RAI e gli andavamo dietro quando lui faceva le sue trasferte, oppure c’erano dei servizi particolari vicino a casa, dalle parti di Saronno, lo si seguiva. Probabilmente abbiamo respirato questo mestiere fin da piccole.

Il giornalismo è istinto o mestiere?

E’ istinto, è pancia, è fiuto, è sensazioni, è emozioni, è delicatezza nel trattare certi temi, nell’affrontarli a volte è anche tenacia, sicuramente è carattere però è effettivamente un istinto che va domato con la pratica, con la quotidianità, con la fatica e quindi è sicuramente anche un mestiere che si impara a bottega, non lo impari sui libri, non lo impari all’università, non lo impari nei corsi di giornalismo. Lo impari proprio lavorando sul marciapiede come si suol dire.

La penna più smagliante del giornalismo italiano?

È sicuramente Feltri.

La più sincera?

Forse lui, nel senso che Feltri non ha paura di contraddirsi e di dirti oggi “bianco” e domani “nero” e poi a tornare a dire “bianco” se in quel momento lo pensa. Lui è schiettezza e spontaneità a scapito della coerenza. Sicuramente si, e quindi è anche la più sincera.

La più pungente?

Guarda vorrei dirti sempre Feltri, ma non voglio essere banale, perché lo è effettivamente, io ti dico che ho fatto carte false per lavorare con lui. Ho lavorato per due anni a Libero facendo veramente la fame. Ho fatto un anno di stage gratis, quindi quattro stage da tre mesi a costo zero, sedici ore al giorno dal lunedì alla domenica. 365 giorni all’anno. E un altro anno a 300 euro al mese, ancora 4 stage, finché poi la fame e il fatto di dovermi mantenere le spese, ecc… non hanno avuto il sopravvento sull’onore di avere la mia firma a dodici centimetri misurati di righello in prima pagina con lui.

Le virtù di un buon giornalista?

Sicuramente la capacità di ascolto è la prima, la curiosità forse alla pari della capacità d’ascolto, poi l’onestà intellettuale e saper distinguere da quello che pensi a quello che provi. Parlo spesso di emozioni quando parlo di giornalismo perché ho fatto per tanti anni la cronaca nera e la giudiziaria e quando ti trovi davanti a determinati fatti è fin troppo facile farsi prendere dall’emozione e parteggiare per la parte offesa però questo va a scapito del garantismo spesso o comunque di un imparzialità che secondo me il giornalista deve avere. E’ giusto avere le proprie opinioni, è giusto se vuoi anche esser trasparenti e far capire in qualche modo come la pensi ma è giusto dire che è una tua opinione. Non devi spacciare per notizia quello che pensi. Altra virtù che deve avere un giornalista è tanta ma tanta pazienza, perché la gavetta è lunga, tanta pazienza perché le giornate sono lunghe, tanta pazienza perché spesso hai a che fare con persone maleducate e più sono in alto e più sono maleducate.

Ci sono compromessi nel giornalismo italiano?

Figurati se non esistono, esistono si, esiste tanto marcio più che compromessi come si può pensare dall’esterno, quindi compromessi di natura sessuale o di natura politica, ci sono compromessi con te stesso, spesso ti vengono richiesti compromessi con la tua onestà intellettuale, quindi se scrivi per un certo giornale in automatico sai che non puoi sempre dire le cose come stanno o come le pensi tu, o se devi farlo lo devi fare con scaltrezza, deve essere lieve nel dire esattamente le cose come stanno se calchi troppo la realtà calcando i ruoli di quella che è la notizia rischi di rimanere tagliato fuori.  

Usate dei nomignoli o soprannomi in redazione?

Niente nomi né nomignoli in redazione. Mi chiamano Silvia, o Senèt, o - per ridere – “Direttora”. A casa dipende: mia sorella “zia Silvia” (perché c'è quasi sempre lì vicino mia nipote Alice) o “tata”, mia mamma “cip” che è il diminutivo di “cipolla”, Roberto, il mio moroso, “pulcina” o “puffin” (si legge paffin, è un animale che abbiamo visto nel viaggio in Islanda l'estate scorsa) o “occhioni”, mia zia Donata “patata”, mio zio Angelo “occhioni” o “silviotti” (ma non lo sento da anni), la mia amica Valentina “fungo”. Però direi che “Silvia” è in assoluto il più gettonato. Forse perché è breve. Eppure ho fatto anni a non sentirmelo corrispondere per nulla il mio nome. Non lo sentivo mio. Ora non mi pongo più la questione, ma continua a non piacermi molto, anche se mi descrive, perché - in effetti - sono un po’ selvaggia, un po' ribelle, indomabile, un gattino randagio.

Una tua gaffe giornalistica?

Ce né una più che divertente imbarazzante, io ero a AGR Agenzia Radio del gruppo RCS del gruppo del Corriere della Sera e praticamente facevamo i notiziari radio a nastro, ciascuno di noi era come una catena di montaggio sul suo notiziario e sfornava ogni mezz’ora un notiziario. Ricordo che nella velocità c’era il countdown rosso che si accendeva quando dovevi leggere andare a leggere il notiziario perché poi veniva preso dal satellite e diffuso alle radio a livello nazionale, quindi era tutto molto di corsa con un limite massimo entro al quale registrare. Ricordo che era appena uscita la notizia di una rapina a Milano con i rapinatori che poi si erano dati alla fuga in macchina, erano scappati e avevano fatto perdere le loro tracce. Sulla  tastiera la lettera “u” e la lettera “i” sono di fianco e dalla fretta invece che darsi alla fuga è venuta un’altra parola e quando sono entrata a leggere il notiziario l’ho trovata scritta, l’avevo scritta io, ma non me n’ero accorta al momento, e mi ha preso la ridarola e non riuscivo più a registrare il notiziario, al ché ho corretto l’errore e ho chiamato un collega e l’ho fatto leggere a lui, però quella volta non sono riuscita a tornare seria a sufficienza per leggere il notiziario.  

Per trovare lavoro bisogna ancora essere tesserati al giorno d’oggi, o ci sono ancora giornalisti liberi?

Ci sono ancora giornalisti liberi, in realtà il tesserino non è più un lasciapassare e non è più neanche garanzia di professionalità, non è più garanzia neanche di un percorso. Un tempo il tesserino era garanzia di serietà, di professionalità, di aver fatto un percorso che ti ha portato dopo varie gavette a fare il praticantato e quindi a fare un esame a Roma che era molto selettivo, lo scritto e poi l’orale e quindi era una sorta di patentino a livello nazionale che certificava che sicuramente le competenze solide le avevi acquisite. Poi ha iniziato a perdere credibilità l’esame in sé. Io ricordo quando l’ho fatto a Roma, avevo studiato come una pazza, mi ero quasi fatta venire un esaurimento perché ero terrorizzata. Poi avevo una sorella con il nome che ha, mio papà giornalista, sarebbe stato uno smacco infinito per me non passare l’esame a Roma e quindi l’avevo affrontato con grande ansia. Dietro di me c’era una ragazza allo scritto che invece non sapeva nulla, tant’è che io ho fatto l’articolo sul nucleare iraniano, e siccome sapevo tutto del caso di Tommaso Onofri, il bambino che era stato appena rapito, sequestrato e poi ucciso dopo esser stato appunto sequestrato nella cascina assieme ai genitori, sapevo tutto di quel fatto ma ho voluto prendere le distanze dalla cronaca nera che io già affrontavo tutti i giorni per evitare di scrivere qualcosa di già detto nella mia quotidianità. Allora mi ero buttata sugli esteri insomma e la ragazza dietro di me non sapeva nulla e io le ho dettato l’articolo. Io poi nell’esame scritto ho preso 40 e lei 52. Sono rimasta proprio basita tra l’altro non c’era solo l’articolo nello scritto, ma c’erano i quiz a risposta chiusa. Lei era proprio nel panico, quindi immagino che disastro abbia fatto anche nel resto, lì quando abbiamo visto i risultati degli scritti già ho capito che  sicuramente l’esame non era una cartina tornasole della preparazione. Anche durante l’orale ho visto che tanto va a come gira alla Commissione, sicuramente non è più la cartina tornasole della capacità. Adesso puoi fare l’esame dopo aver fatto la scuola di giornalismo, cioè dopo aver fatto due anni di università in più fondamentalmente, non più dieci anni in redazione ma due anni sul banco. Quindi chiaramente il tesserino non è più quello che era una volta.  

Cosa significa per te scrivere? 

L’atto di scrivere, per me, coincide con il momento in cui fermarsi a riordinare i pensieri dando una priorità alle informazioni raccolte (nel caso dell'articolo giornalistico) o semplicemente transitate per il cervello in un flusso di pensieri autonomi (nel caso di editoriali, poesie, lettere o scritti "di getto"), scartando il superfluo ma valorizzando dettagli, odori, colori ed emozioni, per concentrare il turbinio di concetti sparsi in un distillato fluido, armonico, unico e personalissimo che è il messaggio finale. Una sintesi asciutta, sintetica, essenziale ed efficace, dall'effetto così naturale che sembri appena sgorgata dalla mente, ma in realtà esito di un lungo lavoro di fino per condensare l'indispensabile selezionando i termini più azzeccati per rendere l'idea che hai in mente. Quasi un gioco minuzioso a mò di "spacca il capello" per renderlo il più sottile e lineare possibile. E' faticoso, impegnativo e non sempre - anche per chi si occupa di comunicazione - si ha il tempo per farlo come si vorrebbe e come si dovrebbe. Ma quando si riesce a trovare una bolla di silenzio e di concentrazione per "Scrivere" - scrivere davvero - il risultato dà sempre grande soddisfazione... e non sempre viene compreso. Pazienza. La catarsi e lo svuotamento della mente che seguono l'atto intenso della "Scrittura" ripagano da soli lo sforzo che richiede, anche senza un interlocutore adeguato.

Preferisci stare davanti o dietro le telecamere?

Davanti sono sempre molto imbarazzata, sia quando facevo rassegna stampa e TG e  trasmissioni. Anche adesso con TV Alpi, faccio delle trasmissioni con delle interviste e con la conduzione in studio non sono mai completamente a mio agio, perché ho fatto 10 anni di carta stampata, e quindi ero solamente quello che scrivevo, non c’era bisogno dell’immagine e quello che dici e che fai è tutto frutto del tuo cervello e senza stare attento alla voce, alla posa, allo sguardo e ai segnali della telecamera che cambiano che si accende la luce della 1, della 2, ecc... Però è sicuramente molto emozionante ed è sicuramente molto più immediata la comunicazione visiva. Mi rendo conto che avere anche una voce accomodante, un aspetto gradevole, una postura professionale, fa parte dell’essere giornalista televisivo. Spero di poter tornare un giorno a condurre.  

Com’è la tua giornata lavorativa “tipo”? 

La mia giornata tipo inizia spesso - tipo oggi, domani, dopodomani e, in generale, 2-4 volte a settimana - con la sveglia alle 5:00-5:30 del mattino per essere in redazione alle 6:00-6:30, dopo una doccia veloce e un caffè. Leggo i giornali, controllo siti e mail, si fa il primo "giro di nera" e alle 7:00 si è già in onda con la prima rassegna stampa su Rtt la Radio. fino alle 9:30 è un martellare di 5 rassegne stampa, 3 giornali radio, aggiornamenti viabilità, registrazione dei tg nazionali e lettura meteo. poi si inizia a respirare e, fino alle 12:30, si fanno interviste telefoniche, servizi, telefonate, pianificazione della mattinata di TvAlpi e del videogiornalista. Poi ancora due giornali radio e intorno alle 14 riesco ad andare a pranzo. nel mezzo, essendo direttore delle due testate, ci sono un'infinità di micro-riunioni, telefonate, problemi da risolvere, trasmissioni e specialini da organizzare, mail ricevute e inviate etc. quando non ho l'alba di turno posso "poltrire"... più o meno, perché la sveglia suona al massimo alle 6:45! così, alle 6:55 (dopo il primo caffè) sono già sintonizzata su Rtt la Radio per ascoltare rassegne e gr dei miei ragazzi mentre faccio un po' di stepper. e, dopo doccia e colazione, in redazione posso arrivare anche alle 9 o addirittura alle 9:30. Dicevo... pranzo dalle 14 alle 15:15-15:30 - a meno di imprevisti per cui si mangia un panino alla scrivania - e quindi una nuova tirata di notizie, gr, interviste, rubriche, riunioni, mail, telefonate e "rogne" da sbrogliare fino alle 20:00-21:00. ma spesso capita di doversi fermare oltre o di uscire per una "pizza di lavoro" con il direttore generale o gli editori per risolvere problemi o chiarire questioni fresche di giornata che non possono essere trascinate fino al giorno dopo. appena stacco volo a casa e finalmente ho un po' di silenzio... almeno fino a quando percorro il corridoio, entro in salotto e - ancora con giacca, scarpe e borsa addosso, accendo la tv: sempre su tg Mediaset, Rainews24 o La7 (se prima delle 20:30) per farmi una bella infornata di tg nazionali a rotazione e recuperare il senso della realtà e del globo dopo un'intera giornata passata ad occuparmi solo di Trentino. ceno sul divano, da sola, guardando i Tg. magari mi svago con un film o qualche approfondimento del dopocena - Matrix, Porta a porta, Report, Exit, Blu notte... raramente quarto grado o tabloid - e poi, a qualunque ora, è già sempre e comunque troppo tardi. lavo viso e denti, chiamo il moroso per la buona notte e ripunto la sveglia perché suoni 5-6 ore dopo, ripromettendomi che l'indomani andrò a dormire alle 21. Ogni giorno.

Da Milano a Trento. Com’è nata la decisione di trasferirti al confine con il Tirolo?

E’ successo che dopo 7 anni di gavetta. Diciamo che il quarto e quinto anno sono stati i due anni di sfruttamento bieco che ti dicevo a Libero. La fame nera mi ha portato prima a trovarmi all’ufficio stampa alla mattina per poter fare di pomeriggio e la sera,  la giornalista a Libero. Quando poi non riuscivo a barcamenarmi perché la mole di lavoro quotidiana diventava infinita e a livello pecuniario la resa era irrisoria mi sono data da fare e ho trovato come co.co.cò. il mio primo contratto scritto ed è stato dopo 6 anni di giornalismo, un co.co.cò. quindi praticamente ancora abusivo ad AGR l’agenzia Radio della RCS, di cui ti parlavo prima. Solo che dopo un anno e mezzo mi mancava scrivere terribilmente, mi mancava tanto sguazzare nelle mie 3000 battute e quando ho saputo che aprivano il dorso del Corriere a Bologna, ho comprato   una copia del Corriere della Sera, ho preso il numero del centralino e ho telefonato in via Solferino, mi sono fatta passare il capo redattore responsabile dei dorsi locali e ho chiesto anche il nome perché non lo sapevo. Mi dicono è il signor Gianni Valenti e chiedo se me lo possono passare. Me lo passano e mi presento dicendo che sono una praticante e che so che sta cercando la squadra per Bologna. Se vuole e se posso permettermi, le manderei un curriculum. Lui ha acconsentito. Mi ha chiamato il giorno dopo invitandomi ad andare lì perché voleva conoscermi di persona. Io ero veramente angosciatissima. Mi sono inventata una scusa con il mio direttore, tipo che avevo l’acqua in casa e dovevo correre subito a casa. Mi sono fiondata in via Solferino a metà turno e abbiamo fatto questo colloquio molto bello. Io non ringrazierò mai abbastanza Gianni Valenti. A fine colloquio mi ha detto:”Mi piaci. Avrai mie notizie, non so come, non so quando, ma ci sentiremo”. Era venerdì. Domenica hanno battezzato mia nipote e lunedì mi telefona Gianni Valenti e mi dice che per Bologna è troppo presto, ma di filare a Trento che mi aspettano per una  sostituzione estiva. Io mercoledì mattina ero a Trento, in Tribunale che iniziavo il giro in giudiziaria. Ho iniziato lì e ho fatto quasi quattro anni al Corriere del Trentino.  L’ultimo contratto è stato un part time, metà settimana e quindi l’altra metà ho trovato RTT ho mandato avanti le due cose per un anno poi mi hanno assunta in RTT e dopo 9 mesi mi hanno fatto direttore di TV Alpi e di RTT la radio.

Come hai trovato il Trentino?

Il Trentino è meraviglioso. Ero convinta di trovarmi in una terra veramente straniera,  cioè di trovarmi in Alto Adige e quindi i crucchi che parlavano tedesco, con i gerani ai balconi di legno, con degli inverni rigidissimi. In realtà ho trovato un’Italia migliorata, ho trovato quello che dovrebbe essere un modello per l’Italia, un’Italia pulita, un’Italia educata, ordinata con poco traffico, con pochi problemi e con parecchi soldi e con degli inverni che fondamentalmente sono più belli dell’estate, perché salvo qualche autunno particolarmente piovoso, l’inverno qui c’è un sole pazzesco che in estate ce lo sogniamo. E quindi mi sono trovata benissimo. I Trentini non sono così spigolosi come si vuol far credere.

Quali sono state le tue abitazioni trentine?

Io sono arrivata e ho dovuto trovare in due giorni una collocazione, una sistemazione  in un Bed&Breakfast di Romagnano e vi sono rimasta i tre mesi di sostituzione estiva, e facevo avanti e indietro con lo scooter, perché avevo solo quello. Poi finita la sostituzione estiva il mio direttore non ha potuto rinnovarmi subito. Con un grosso punto di domanda sono tornata a Milano, ho preparato in un mese l’esame orale per Roma. Sono diventata professionista e due giorni dopo mi ha telefonato di nuovo il mio direttore da Trento, Enrico Franco, dicendomi:”Guarda Silvia, se vuoi ti posso offrire qui una sostituzione per maternità di 5 mesi”. Sono tornata su e a quel punto ho contattato una signora che ha dei residence con appartamenti che affitta con dei contratti brevi, dove è tutto compreso. Nel senso che nell’affitto hai compreso tutto, cioè hai acqua, luce, gas, parcheggio, internet, ecc… Mi sembrava una soluzione ottimale e sono rimasta nell’appartamento per un anno e mezzo. Poi mi sono trasferita di un civico, ma sempre in un appartamento della signora, in un appartamento mansardato più carino e sono lì da lei da ben 5 anni. Sto vicino al Castello del Buon Consiglio, nella zona San Martino.

Fidanzata?

Felicemente con Roberto, che fa il direttore generale al Comune di Bergamo, ma quando io l’ho conosciuto era direttore e segretario al Comune di Viareggio. Lui è toscano, ha 42 anni. La distanza è dura, ma con l’amore si supera tutto.

Un domani come ti vedi?

Nel sogno Silvia tra 10 anni si vede sicuramente giornalista, attiva, cresciuta, più brava, più capace e competente, perché c’è sempre da imparare e da crescere. Si vede a Milano o a Roma in una grande TV Nazionale perché Silvia è una sognatrice. Nella realtà potrei essere in campagna, mamma di cinque figli, a fare marmellate… chi lo sa.

Al di fuori del giornalismo, quali sono le tue passioni?

La fotografia che adoro e per qualche tempo ho anche pensato che potesse diventare il mio mestiere. Adoro moltissimo l’arte. Anche leggere, romanzi soprattutto e saggi contemporanei di analisi, di denuncia. Adesso ne sto leggendo uno sul nucleare e prima ne ho letto uno su quello che mangiamo, quindi sugli allarmi alimentari, sui conservanti e coloranti, su come ci avveleniamo quotidianamente e questi libri quindi mi piacciono molto, e anche i libri di cronaca nera, come: “Io mi chiamo bimba”, sulla storia di Cogne, piuttosto che i libri di Lucarelli, sulla storia della banda della Magliana, sulla storia dei brigatisti e dei serial killer. Ecco, quelli mi piacciono da morire.  

Cos'é per te la felicità?

La felicità? Premesso che mi accontenterei della serenità, credo che la felicità sia troppo spesso confusa con l'euforia fugace o l'entusiasmo volatile di un attimo, una parentesi destinata a sgonfiarsi come una bolla di sapone e, per questo, a renderci infelici per gran parte del tempo. Alla "veneranda" età di quasi 32 anni, credo invece chela felicità sia uno stato di benessere che viene da dentro, dalla consapevolezza che si sta facendo del proprio meglio per coniugare l'amore per sé e quello per gli altri, senza sacrificarsi in virtù del prossimo né scavalcare la dignità e i sentimenti altrui a proprio vantaggio. Una sorta di equilibrio della coscienza che ci permette di andare a testa alta e di guardarci allo specchio essendo soddisfatti di quello che siamo e di dove stiamo andando, pur consapevoli che magari non tutto è perfetto, che forse non tutte le tappe sono state raggiunte, che magari sul nostro percorso non abbiamo macinato solo successi e non abbiamo raccolto solo consensi, ma che gli incidenti di percorso fanno parte della vita e tutto questo - errori e successi, alti e bassi - sono il motore propulsore che ci spinge ogni giorno a svegliarci di buon umore con il proposito di fare bene e, anzi, meglio di ieri... perché il bello deve ancora venire. Certo che sarei "felice" in senso pieno se riuscissi a laurearmi entro il 2011, se per il mio compleanno mi prendessero a La7 o a Mediaset, se per Natale io e Roberto potessimo regalarci una città in comune dove costruire un progetto di vita, se mia sorella mi comunicasse che aspetta il secondo nipotino,  se sapessi per certo che mia madre non avrà più ricadute di salute, se arrivasse Mary Poppins e in un pomeriggio mettesse ordine in quel casino che sono le mie scartoffie burocratiche (bolli, assicurazioni, dichiarazione dei redditi, tasse universitarie, revisioni auto, check-up dal dentista...), se riuscissi a trovare il tempo per andare in palestra o in piscina tre volte a settimana, se quando chiedo ai miei collaboratori di fare una cosa la facessero esattamente come l'ho pensata e voluta, se potessi godermi i miei cari senza averli a 250 km di distanza, se-se-se... Però la mia vita "mulino Bianco" sarebbe anche una noia mortale!!! Quindi mi accontento di credere e lottare perché, uno alla volta, questi tasselli vadano ciascuno al suo posto con il tempo fisiologico che ciascun capitolo richiede.

Fai volontariato?

Sul volontariato tocchi un tasto dolente, perché l’ho sempre fatto e ora, lavorando tutto il giorno, mi sento un po' in colpa a non dedicare tempo agli altri. Fino ai 21-22 anni ho sempre fatto l’educatrice in oratorio, la catechista, cantavo e suonavo a messa, tenevo la radio parrocchiale a Cislago, il mio paese, e per 5 anni ho fatto la volontaria del soccorso in Croce Rossa, dedicando le notti a incidenti e anziani in insufficienza respiratoria, donne in travaglio e giovani in overdose. Poi, partendo per sei mesi in Irlanda, ho dovuto lasciare la divisa. Per anni non ho fatto più nulla, se non sostenere a distanza bambini e associazioni con donazioni minime (quel che consentiva il precariato). Ora, invece, mi sono iscritta all’Avis di Trento e periodicamente dono mezzo chilo di plasma. E poi mi sono fatta “tipizzare” e sono nel registro donatori ADMO, l'associazione donatori di midollo osseo. Incrociare la compatibilità del ricevente con quella dei sempre troppo pochi donatori non è semplice, quindi non è ancora stato necessario un intervento per prelevarmi le staminali. ma se servisse, sono pronta!

A RTTR e TV Alpi quali sono le tue competenze? Come funziona la tua giornata?

Da quando sono diventata direttore il mio ruolo è diventato più organizzativo che giornalistico analitico. Prima, quando sono arrivata, ero una tutto fare, quindi telecamerina e microfono alla mano e uscivo da sola a fare i servizi, oppure la mattina facevo la rassegna stampa della TV, poi facevo capo servizio a RTTR la mattina, quindi gestivo le troupe e i colleghi organizzando i servizi, conducevo il TG, facevo i servizi io, spesso uscendo anche con l’operatore e non sempre da sola con la telecamerina. Quindi era un ruolo operativo, sul campo il mio. Ora io sto praticamente quasi sempre in redazione, non esco quasi mai, se non quando ci sono eventi, dibattiti o seminari, o riunioni di rappresentanza che rendano indispensabile la mia presenza ma in caso contrario io sono sempre qui in redazione dalla mattina spesso iniziando con la rassegna stampa, ho fatto per 5 mesi la rassegna stampa con i ragazzi della radio, venivo proprio io per farla con loro e per farli vedere cosa avrei voluto modificare e cambiare nella loro impostazione di rassegna stampa, quindi faccio i turni di radio e TV Alpi, seguo i ragazzi nella loro giornata, discuto con loro delle notizie e delle priorità, i servizi da fare, quali interviste e quali no, e seguo la registrazione e la programmazione e organizzo io “Segnalibro”, che è la nuova rubrica di buona lettura che ho avviato su TV Alpi, condotta dall’editore Roberto Keller. E cerco di allargare la produzione, insomma cerco nuove nicchie per sondare nuovi campi con il minimo delle risorse e il massimo della produttività. Per esempio mi sono messa ad attacchinare alle bacheche delle università degli annunci cercando degli opinionisti e adesso abbiamo un gruppo di ragazzi universitari che hanno messo a disposizione i loro numeri di telefono e li chiamiamo per fare sondaggi e per fare cose. Poi tutti i giorni io leggo tonnellate di quotidiani nazionali e riviste nazionali magazine, per cercare spunti, perché il mio scopo è di portare nella radio e anche in TV Alpi uno sguardo extra trentino, perché quel che è Trentino lo abbiamo già su tutti i media locali, e quindi trovare delle modalità per portare delle curiosità, delle notizie, dalla musica agli spettacoli alla tecnologia alla politica extra, quindi anche internazionali che trovino posto nel palinsesto delle due emittenti, questo era il mio obbiettivo e ora ci siamo riusciti.

Cosa ne pensi di questa intervista?

(Risata) Inattesa. Mi rendo conto che se io dovessi intervistare una come me, la odierei, perché parlo tanto, ogni risposta sembro un fiume in piena. A parte gli scherzi è un’intervista veramente inattesa, che spero sia ben augurale, nel senso che sicuramente sfiguro tra la lista dei tuoi VIP romani e non, che popolano il tuo sito con grande colore dando grandi pennellate di colore e anche di lustro. Ho visto che ci sono personaggi di grande calibro. Quindi sicuramente io sfiguro in quella lista, però chi lo sa, potrebbe essere la prima intervista anzi tempo di una piccola giornalista in crescita.

Qual è il tuo motto?

Il mio motto è "Nulla è impossibile" e "Volere è potere". Poi c’è una frase che mi piace moltissimo e infatti mi colpisce che sia anche la frase che guida l’operato del mio fidanzato e che è sempre stata anche la mia ed è una frase di Darwin ed è: “Non è l’individuo più forte che sopravvive, ma quello che meglio si adatta al cambiamento”. E questo mi è servito molto, perché nella mia gavetta ho lavorato in tantissimi posti e ho dovuto adattarmi a ritmi, situazioni, redazioni, direttori, linee editoriali, linee politiche, posti, città e tantissimi orari diversi. Pensa, iniziavo alle 4 di mattina in radio a Milano. Quindi io credo veramente che la capacità di adattarsi e di captare, di avere le antennine quelle che sono le esigenze dell’ambiente in cui ti inserisci permette di crescere, di evolvere e di andare avanti, se no, se ti irrigidisci sulle tue convinzioni, sulle tue capacità, senza voler progredire e migliorare, sei finito. 

Cosa ti piace mangiare nel Trentino?

Tutto! E’ una cucina forse un po’ troppo ricca per me, un po’ pesante, però semplice allo stesso tempo. Adoro i canederli, mi piacciono da morire, li mangerei anche d’estate e l'orzotto alla trentina che mi piace da impazzire. Infatti la prima estate che sono arrivata in trentino, 5 anni fa, noi finivamo di lavorare a mezzanotte al Corriere, ovviamente, e l'unico posto aperto era il Green Tower. Quando finivamo e scendevamo dalla redazione di Missioni Africane (zona Muralta, ndr.) e incontravamo il Green Tower per andare a casa e con i colleghi si andava spesso lì, quasi tutte le sere, anche ad agosto ed io prendevo l’orzotto alla trentina. Lì c'e un cameriere albanese che si chiama Bardi e anche il signor Italo, che ogni volta che mi vedono mi dicono: “Mangi dentro? Orzotto alla trentina?” perché ero freddolosa e poi d'estate c'è un'escursione termica molto forte tra il giorno e la notte. Io qui mangio trentino, sempre. Adoro anche lo speck, però pensavo fosse più una specialità dell’Alto Adige. Poi ogni volta che torno a casa dei miei o in quella di mio cognato, il marito di mia sorella o anche dai genitori del mio moroso, sempre a tutti, tipo a Natale, loro sanno che il mio regalo è un cesto con dentro uguali per tutti un chilo e mezzo di speck, il puzzone di Moena sotto vuoto…

I funghi secchi per il risotto?

No! I funghi no, perché non li mangio, però un vasetto di crauti, le marmellate trentine, lo sciroppo dell’Orso, i canederli, la carne salada sotto vuoto che io adoro, ecc… Loro lo sanno che io arrivo con questo cesto per tutti che è gradito moltissimo. I cesti li faccio sempre in via Suffragio, dove c'è un gastronomo molto gentile che mi prepara questi cesti tutti uguali e ovviamente faccio mettere anche una bottiglia di  Teroldego per tutti e un Ferrari. L'unica cosa è che sono astemia. Voi trentini non mi avete ancora convertito all’alcol.

Lo sai, cara Silvia che un bicchiere di Teroldego al giorno, leva il medico di torno?

Ma va? Devo crederci? (risata)