Adriano Panatta (ex tennista, opinionista televisivo)       Treviso 17.5.2021

                                     Intervista di Gianfranco Gramola

“Il tennis oggi è molto veloce, la palla va più veloce e quindi c’è poca possibilità di pensare, per cui possiamo dire che oggi si gioca molto più d’istinto”

 

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Adriano Panatta è nato a Roma il 9 luglio del 1950. Considerato il miglior giocatore italiano di sempre, nel suo palmarès figurano 10 tornei del circuito maggiore in singolare (record per il tennis italiano) su 26 finali disputate, oltre a 18 titoli in doppio (record per il tennis italiano) su 28 finali disputate. Nel 1976, il suo anno magico, trionfò in singolare agli Internazionali d'Italia e al Roland Garros, unico tennista italiano della storia ad avere centrato l'accoppiata nella stessa stagione e il solo nell'era Open ad avere conquistato una prova del Grande Slam. Nello stesso anno contribuì inoltre all'unica, storica, vittoria della Coppa Davis da parte della nazionale italiana. Con il quarto posto raggiunto nell'agosto del 1976 vanta la miglior classifica ATP mai raggiunta da un tennista italiano dall'introduzione del sistema di calcolo computerizzato, mentre il 7º posto del dicembre 1976 è la migliore posizione con cui un tennista "azzurro" abbia chiuso una stagione agonistica. È il solo tennista italiano ad avere conquistato due titoli di categoria equipollente all'attuale ATP World Tour Masters 1000, e ad avere disputato sei finali del circuito maggiore in una sola stagione. Nel 1975 diventò il primo italiano a qualificarsi per un'edizione delle finali di singolare maschile del Masters, impresa dopo di lui riuscita soltanto ad altri due suoi connazionali. Unico giocatore al mondo in grado di sconfiggere Björn Borg agli Internazionali di Francia, è il solo tennista del proprio Paese ad avere vinto un torneo ATP sconfiggendo in finale il nº1 del ranking, nonché ad avere battuto in due occasioni il miglior giocatore del mondo. Oltre alla vittoria della Coppa Davis del 1976 raggiunse in altre tre occasioni la finale. Vinse per sei anni consecutivi il titolo ai Campionati italiani assoluti, dal 1970 al 1975. Nel 1980, insieme a Paolo Bertolucci, si aggiudicò la prova di doppio a Monte Carlo, unico titolo conquistato nell'era Open da una coppia italiana nel torneo del Principato. In era Open è il tennista che ha salvato il maggior numero di match point in un incontro vinto.

Ha detto:

- Errori? Nel tennis tanti, ma non contano. Nella vita, quando ho comprato una fabbrica di racchette, nel 1978. Fu uno sbaglio madornale, ci rimisi un sacco di soldi.

- Mi sono rotto le scatole di raccontare la mia vittoria di Parigi, che risale a una vita fa. Ma non è colpa mia se sono stato l’ultimo a vincere uno slam.

- Gioco a golf. Ogni tanto colpisco qualche pallina, ma il tennis giocato e commentato mi manca meno di quanto si possa pensare.

- Non ho mai pensato di essere chissà chi. E’ bastato solo usare il cervello, sono sempre rimasto me stesso: quello che pensavo vent’anni fa lo penso anche adesso.

Intervista

Un tuo breve commento sugli Internazionali di tennis del Foro Italico?

Aldilà di un commento su Nadal, che mi sembra superfluo, perché è un grande campione sulla terra battuta per cui è ancora lì, che batte in quella maniera lì ed è molto bravo, anche Djokovic è un grande giocatore. Penso che la più bella sorpresa per l’Italia sia stato Sonego, che ha giocato un bellissimo torneo battendo due top ten della classifica mondiale e devo dire che i tennisti italiani mi sono piaciuti molto. Poi mi è piaciuta molto anche la dichiarazione di Djokovic che ha detto: “La new generation siamo noi”. In effetti da quello che ha fatto vedere sia fisicamente che tecnicamente credo che abbia proprio ragione, anche se nella finale ha perso con Rafael Nadal.

Fra i giovani tennisti italiano, hai visto un futuro Adriano Panatta o uno che si avvicina al tuo stile?

Ormai il gioco è diverso, è un tennis diverso, una tecnica diversa e quindi non credo che si possa fare un paragone come stile. Abbiamo dei giovani molto forti che sono Sinner e Musetti, poi c’è anche Matteo Berrettini che sembra ormai che sia un veterano, ma è giovanissimo. Abbiamo cinque bei giocatori, dei nuovi talenti.

Tu sei cresciuto con l’ambizione di fare il tennista o avevi altri progetti per il tuo futuro?

E’ stato un fatto naturale quello di trovarmi a fare il tennista. Mio papà Ascenzio era custode del circolo di tennis Parioli, poi passò a quello del Coni all’Eur. Sono nato e cresciuto in un circolo di tennis, quindi è stata solo una conseguenza quella di farne la mia professione.

Quando hai capito di essere diventato una leggenda del tennis?

Quando ho vinto nel 1976 gli Internazionali di Roma, battendo l’argentino Vilas e al Roland Garros a Parigi, superando l’americano Solomon e vincendo la Coppa Davis a Santiago del Cile, tornei che mi hanno consacrato a livello mondiale.

Cos’hai sacrificato per arrivare al successo sportivo?

Purtroppo ho sacrificato il tempo alla famiglia, perché i miei figli erano molto piccoli, per cui quando fai il mio mestiere ci stai poco a casa. Poi anche le amicizie, quelle che vengono da lontano, gli amici con cui sei cresciuto, con cui andavi a scuola. Però credo di essere stato un uomo molto fortunato.

Hai mai giocato per beneficenza, per solidarietà?

Si, mille volte. Ad esempio per la raccolta fondi per la Onlus Theodora, che si adopera per portare un sorriso ai bambini malati e alle loro famiglie e per l'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Sono sempre disponibile per eventi di questo genere.

Oltre al talento e la concentrazione, quanto conta nel tennis l’istinto?

L’istinto conta sicuramente, come in tutte le cose. Oggi è un tennis un po’ più meccanico, molto fisico, molto mentale, per cui c’è poco spazio per l’estro. Il tennis oggi è molto veloce, la palla va più veloce e quindi c’è poca possibilità di pensare, per cui possiamo dire che oggi si gioca molto più d’istinto.

Qual è stato l’avversario più brillante con cui hai giocato? 

Ne ho avuti tanti, un gruppo di giocatori meravigliosi di quegli anni lì, per cui non ce n’è uno in particolare. Borg, Connor e tanti altri.

Con quali di questi sei ancora in contatto e frequenti ancora?

Adesso non frequento nessuno perché non vado molto per tornei. A parte il Roland Garros dove vado ogni anno per alcuni giorni, perché mi fa piacere, ma non vedo nessuno. A parte Björn Borg con cui sono rimasto amico o a Ilie Năstase, ma non è che passiamo le vacanze insieme (risata).

Qual è il segreto del tuo successo?

Non lo so, non c’ho mai pensato.

Hai mai avuto delle fan un po’ invadenti?

Si, come tutti i campioni, ma questo è normale.

Un tuo ricordo di Paolo Villaggio? So che eravate molto amici.

Paolo è stato uno degli uomini più intelligenti, più arguti che ho conosciuto nella mia vita. E’ stata una persona a cui ho voluto molto bene, una persona con cui ho passato dei momenti molto belli e ho un bellissimo ricordo di lui.

Il giornalista sportivo Rino Tommasi, ha detto: “Adriano Panatta era un mago nello rompere gli schemi”. E’ così?

Io variavo molto, per cui non è che avevo uno schema preciso quando giocavo. Se Rino Tommasi l’ha detto, sarà vero (risata).

Ho letto che a Treviso hai ristrutturato un vecchio circolo di tennis. Ne vuoi parlare?

Si, lo sto ristrutturando e sarà pronto ai primi di ottobre. Si trova nell'area dell'ex tennis Zambon di via Medaglie d'oro ed è un’opera molto grossa e molto impegnativa. Si farà sport, quindi campi da tennis e da paddle, ma ci sarà spazio per una piscina e anche per il relax e per un ristorante. Speriamo che questo circolo mi dia delle soddisfazioni.

Hai altri progetti, altri obiettivi?

No, basta. Ho 71 anni e penso di aver fatto abbastanza.

Parliamo un po’ di Roma. Com’è il rapporto con la tua città?

Io amo moltissimo la mia città, ci mancherebbe altro. Però ora mi sono sposato e vivo a Treviso, in Veneto. Sto benissimo qui, con mia moglie, con gli amici, vedo i miei figli abbastanza spesso e questo mi fa molto piacere, per cui sto bene così. Poi ogni tanto vado a Roma e vedo molto volentieri la mia città.

A parte la matriciana, cosa ti manca di Roma ora che vivi a Treviso?

Guarda che la pasta alla matriciana si può mangiare anche a Treviso (risata). Io la faccio molto buona. Mi mancano le serate romane, il tramonto romano con quei colori. Poi Roma è una città talmente straordinaria, talmente bella che ancora mi emoziona.

Fra un po’ ci sono le elezioni del nuovo sindaco. Hai qualche suggerimento da dare ai nuovi candidati?

Io consiglio loro di non fare il sindaco di Roma, perché fare il sindaco in una città così è impossibile fare il primo cittadino.

Rutelli come sindaco se l’è cavata molto bene.

E’ vero, io ero in consiglio comunale con lui con la delega allo Sport e ai grandi eventi. Roma purtroppo è ridotta molto male per vari motivi. E’ una città molto complicata e io avendo fatto un’esperienza in politica la conosco molto bene. E’ veramente molto complicata come città.

In quali zone hai abitato?

Ho abitato da ragazzo all’Eur, poi a Trastevere, ai Parioli e poi al Fleming.

Perché ti hanno soprannominato il Cristo dei Parioli?

Perché dicevano che avevo una faccia sofferente e non sorridevo mai.