Antonio Rossi (atleta)   Lecco 27. 7. 2003

           Intervista di Gianfranco Gramola 

La sua arma segreta è la timidezza

   

Io e Antonio Rossi sulla terrazza dell'Hotel Ariston di Molveno (Trento)

Antonio Rossi è nato a Lecco il 19. 12. 1968. E’ il 5° di 5 fratelli (due sorelle e due fratelli). Ha conseguito la maturità scientifica ed attualmente sta sostenendo gli esami per la laurea in Economia e Commercio. Ha iniziato a remare nel 1983 dimostrando da subito talento e grande applicazione. Nel 1987 è entrato a far parte del gruppo sportivo Fiamme Gialle (attualmente è Brigadiere). Il 2 ottobre 1996, a due mesi dalla conquista delle due medaglie d’oro alle Olimpiadi di Atlanta, ha sposato Lucia Micheli, anch’essa campionessa di canoa kayak (ha partecipato alle Olimpiadi di Barcellona del 1992). Alle Olimpiadi di Sidney 2000, Antonio Rossi vince una medaglia d’oro e a quella di Atene 2004 un argento e poi tanti primi posti ai vari Campionati del Mondo (tre ori nel 1995, nel 1997 e nel 1998).  Il 13.3.2000 è diventato papà di una splendida bimba alla quale è stato dato il nome di Angelica. Il 24 luglio 2001 è nato il secondogenito al quale è stato imposto il nome di Riccardo Yuri (il secondo nome del figlio è dedicato all'amico Yuri Chechi). 

Ha detto:

- Prestare la propria immagine è importante, ma non basta a risolvere i problemi. Per ottenere risultati concreti bisogna lavorare con pazienza, fin dalla scuola, investendo anni  per costruire una  profonda cultura di solidarietà.

- Ho sempre considerato la canoa come un gioco. E' uno sport che mi diverte troppo e quindi non riesco proprio a pensarlo come un lavoro.

- Io in casa sono quello delle coccole, quello che lascia un po' correre, anche perché vedo poco i miei figli e quindi mi limito a viziarli. Il sergente è mia moglie. 

- Le Olimpiadi sono uno strumento di pace, un modo per aprire il dialogo. Non un'occasione per accusare, discutere e fare polemiche.

Curiosità

- Il sito ufficiale è www.antoniorossi.it

- Il padre Maurizio, deceduto il 23.12.1999, era un affermato e stimato medico, primario di geriatria alla Clinica Ripamonti di Lecco. La mamma Annunziata, detta Nunzi, è laureata in farmacologia ed in lingue straniere e fa la nonna a tempo pieno (7 nipoti).

- E’ uno dei testimonial più importanti di Telethon da oltre 5 anni ed ha prestato la propria immagine anche ad Amnesty International, Emergenty, Associazione italiana per la ricerca contro i Tumori ed altre associazioni benefiche.

- Nel 2000 è stato designato a rappresentare il mondo sportivo al Giubileo degli Atleti ed ha letto al Santo Padre Giovanni Paolo II un documento, scritto di suo pugno, nel quale ha promesso, a nome di tutti gli sportivi del mondo, un impegno serio e corretto, come esempio per le nuove generazioni.

Intervista

Antonio Rossi ha un bellissimo sorriso e due occhi sinceri. E' molto simpatico e trasmette  molta allegria. Avrà anche difetti o solo pregi?

Com’è il tuo rapporto con Roma, Antonio?

Io mi alleno a Castel Gandolfo tutto l’inverno, per tre settimane al mese. Praticamente da novembre fino a febbraio. Mi muovo poco da quella bellissima località, ma a volte capita che il sabato o la domenica faccio una scappatine a Roma, anche perché Roma è una città bellissima ed è sempre un piacere visitarla e rivederla, specialmente di sera, quando la città si calma, si addormenta e quindi è meno frenetica.

Ti ricordi quando sei venuto a Roma la prima volta?

Si! E’ stato con i miei genitori, tanti anni fa, in vacanza. In quell’occasione l’abbiamo visitata tutta, in lungo e in largo. Insieme alla propria famiglia visitarla è stato ancora più bello.

C’è una zona che ami rivedere?

Il centro storico, sicuramente perché è sempre meraviglioso e c’è sempre da scoprire qualcosa. Anche il Circo Massimo mi piace molto, perché mi trasmette delle emozioni.

Ami la cucina romana?

Mi piace, ma fuggo da queste prelibatezze, perché per un atleta è abbastanza pesante e sicuramente non dietetica. I romani eccedono un po’ troppo con il burro e con l’olio.

A proposito di romani, come li trovi?

Non si può fare di tutta un’erba, un fascio, Gianfranco. Tutti pensano che sono presuntuosi, invece devo dire che ho sempre trovato molta ospitalità e gente di cuore. Poi bisogna vedere da quali borgate provengono, dalle origini. La maggior parte dei romani che io ho conosciuto è tutta gente simpatica e cordiale e soprattutto sempre pronta alla battuta. Gente allegra, insomma e come dice il proverbio:”Gente allegra il cielo aiuta”. (risata)

Cosa ti dà fastidio di Roma?

Sicuramente il traffico e un po’ la sporcizia che si vede in giro e la trascuratezza. Ma in linea di massima Roma è tutta bella e gli si può anche perdonare qualche difetto, no?

La tua più grande soddisfazione sportiva?

Sono state tante, Gianfranco. Comunque vincere le Olimpiadi forse è stata la soddisfazione più grande. Ho sempre pensato che vincere le Olimpiadi fosse un traguardo, un’impresa irraggiungibile e invece mi sbagliavo.

E delusione?

Non è che ho avuto tante delusioni, nel senso che anche quando arrivi secondo o quarto erano tutte lezioni che mi servivano per fare esperienza. Non sono mai rimasto tanto deluso.  

Hai rimpianti?

No! Assolutamente no.

Com’è nata questa tua passione sportiva “acquatica”?

E’ uno sport che praticava già mio fratello e quindi era già una cosa di famiglia. Poi, abitando a Lecco, proprio di fronte al lago di Como, l’acqua ce l’ho nel sangue. Quindi o facevo nuoto oppure vela.

Ma i tuoi genitori che futuro volevo per te?

Non credo come sportivo. Credo che sognassero per me una laurea, un dottorato in Economia e Commercio.

Hai avuto momenti difficile nella tua carriera sportiva?

Difficili, proprio no. Un momento difficile l’ho passato quando è morto mio padre. Con questo sport sei spesso lontano da casa e quando è scomparso mio padre è stato un momento molto difficile.

La popolarità crea più vantaggi o svantaggi?

Vantaggi sicuramente, Gianfranco.

A chi volesse avvicinarsi al mondo dello sport, che consigli vuoi dargli?

Di credere nelle proprie forse, di impegnarsi molto e di credere nelle persone che ti stanno vicino e che ti aiutano a migliorare. Di non allontanarti mai, se è possibile,  dalla famiglia e dagli amici e soprattutto stare con i piedi per terra e andare sempre avanti con grinta e umiltà.

Da ragazzo avevi degli idoli, Antonio?

Sportivi, si, eccome. Da Alberto Tomba a Carl Lewis e altri sportivi che avevano già vinto le Olimpiadi e che dopo averle vinte si sono un po’ ridimensionati. Nonostante questi, sono un grande amico di Alberto Tomba, ci facciamo delle grandi risate insieme, perché lui è molto spiritoso.

Quando non ti alleni, che fai?

Cerco di stare il più possibile con la mia famiglia e con i miei bambini.

Che rapporto hai con la Fede?

Sono credente e gareggiando soprattutto di domenica, vado poco a Messa. Però credo molto nel Signore.

E il tuo rapporto con il denaro? 

Per educazione mi è stato insegnato un rapporto normale, parsimonioso. Mai sprecarlo inutilmente. Il denaro non è sicuramente un dio, serve però non bisogna buttarlo via malamente. Bisogna usarlo come si deve, anche perché guadagnarlo è fatica, inoltre bisogna ricordarsi che c’è chi sta peggio di noi.

Con il successo sono cambiate le tue amicizie?

No! Anzi, sono aumentate e quelle vecchie si sono rinforzate.

Hai un sogno nel cassetto?

Io mio sogno era di vincere le Olimpiadi (risata). Due volte. Ma poi, ovviamente, ogni volta ci si mette in gioco e si sogna sempre qualcosa di diverso. Si va sempre avanti per gradi.

A chi vorresti dire “grazie”?

A mia moglie Lucia, alla mia famiglia, al mio allenatore e a tutto il mio staff sportivo.

Scusami la curiosità, Antonio, ma come hai conosciuto tua moglie Lucia?

Ai Canottieri, stava facendo un corso di canoa e da lì è nato tutto. Lei è campionessa di Canoa Kaway e fra l’altro ha partecipato alle Olimpiadi di Barcellona nel 1992.

Progetti?

Adesso parto per la Val Senales, dove vado per allenarmi con la Nazionale, per tre settimane. Poi ad agosto sarò per un breve periodo a Mantova a fare un test, perché due settimane fa sono caduto con la bicicletta e mi sono spaccato il naso e ho preso una brutta botta al braccio destro. E’ da tre settimane che sono fermo. Se ad agosto il test va bene, allora partirò per Atlanta dove ci saranno i Mondiali dal 10 al 14 settembre, altrimenti starò a casa  in vacanza e mi godrò la famiglia.

 

A tu per tu con Antonio Rossi       Molveno (Trento) 28.06.2009

                                intervista di Gianfranco Gramola

Un campione discreto, riservato, leale e generoso, con in cuore il dono della solidarietà

Fino al 6 settembre l’olimpionico Antonio Rossi è a Molveno per insegnare la disciplina della canoa. Nel suo corso, oltre al kayak, sono compresi altri sport (beach volley, basket, nuoto, ecc…), tante passeggiate e alcune escursioni sulle rive del lago dolomitico, oltre ad un pomeriggio di gym training con Yuri Chechi, a Fai della Paganella. Il bell’Antonio (così viene chiamato dagli amici), classe 1968, è nato a Lecco, è figlio di un medico e di una laureata in farmacologia ed in lingue straniere, inoltre è il quinto di cinque fratelli. Ha iniziato a "remare" nel 1983, dimostrando da subito talento e grande applicazione. E’ sposato con Lucia Micheli, anch'essa campionessa di canoa kayak (ha partecipato alle Olimpiadi di Barcellona nel 1992, nde.) e hanno due figli: Angelica e Riccardo Yuri (in onore all’amico Yuri Chechi). Lo sportivo di Lecco ha prestato moltissime volte la sua immagine per opere di solidarietà, come Amnesty International, Emergency, Associazione Italiana per la ricerca contro i Tumori ed altre associazioni benefiche e sta sostenendo la raccolta fondi per l'Associazione per la ricerca contro l'Alzhaimer. Nel 2004 è stato nominato "Ambasciatore Nazionale dello Sport" e il 31 gennaio 2005 è stato eletto "Angelo dell'anno" per il suo impegno sociale. Incontro il pluripremiato nella hall dell’Alexander Hotel di Molveno, intento a posare per delle foto ricordo con delle fan che se lo mangiano con gli occhi.

Quando sei venuto in Trentino la prima volta e in quale occasione?

La prima volta ero venuto a fare un’intervista con un giornalista dello sport invernale. Mi aveva portato a fare una gita con le pelli di foca, e poi mi ha detto, visto che siamo vicino, ti faccio vedere un lago dove sarebbe bello fare canoa, solo che me l’ha fatto vedere d’inverno quando l’acqua era molto bassa, quindi l’impatto non è stato dei migliori. Ma il posto mi è piaciuto molto ugualmente. Invece cinque anni fa mi ha portato qui Yuri Chechi. Lui era a Fai che faceva ginnastica, con gli anelli, e mi ha fatto conoscere meglio quest’angolo del Trentino, che trovo stupendo. Mi è subito piaciuto come posto, perché vederlo in primavera e poi in estate è stato uno spettacolo. Mi sono piaciute la magia delle sue valli e delle sue bellissime montagne.

Che cosa ti ha colpito di questi posti, la montagna, il lago...

Qua è uno spettacolo unico, perché trovi tutto, dalla montagna al lago ed è molto bello. Io ci sono venuto quando i miei bambini erano ancora piccoli, il più piccolo aveva quattro anni e qua è tutto a portata di famiglia, trovi tutto, poi c’è un prato che è qualcosa di eccezionale, trovi un’ospitalità esemplare, della gente alla buona, il modo come ti accolgono negli alberghi che è sicuramente un qualcosa in più, il fatto che curano l’ospite come se fosse uno di famiglia. La gente è talmente alla buona, che ti trattano come uno di loro e poi vedi che sono sinceri, naturali, hanno la cultura dell’ospitalità e questa è una cosa che hanno nel sangue.

A Molveno hai un posto del cuore che ami visitare ogni volta che ci vieni?

Il giro del lago è molto bello, sia da fare con la bicicletta che di corsa. C’è poi la zona dei fortini di Napoleone che sono fantastici, per non parlare del Pradel, dove c’è un sentiero che arrivi a ridosso del panorama che è incredibile, ma poi sei proprio a contatto con le rocce, perché hai le rocce da una parte e se poi guardi giù, vedi il lago, che è molto bello. Lassù il panorama è stupendo, meraviglioso. Questo paese è circondato da splendide montagne, fra queste le Dolomiti che trovo bellissime e uniche al mondo.

Tradiresti la sua città per andare a vivere in Trentino?

Andrei a vivere a Molveno perché io sono un “laghè”, perché sono nato e cresciuto sul lago, quindi non ho nessuna difficoltà a cambiare la mia residenza qui a Molveno. Me ne rendo conto quando anche sono all’estero che dopo un po’ mi manca il lago. E quindi vivere in una città dove c’è il lago, direi proprio di si. Senza lago o anche con un fiume però mi serve l’acqua e ti confido che preferisco molto più il lago del mare.

Com’è nata questa tua passione sportiva  “acquatica”?

E’ uno sport che praticava già mio fratello e quindi era già una cosa di famiglia. Poi, abitando a Lecco, proprio di fronte al lago di Como, l’acqua ce l’ho nel sangue. Quindi o facevo nuoto oppure vela.

E l’idea di insegnare lo sport della canoa qui a Molveno?

Era nata appunto con Juri, perché Juri lo faceva già di ginnastica a Fai della Paganella. Io sono ormai cinque anni che vengo qui in quest’angolo stupendo del Trentino e i primi due anni venivo qua una settimana in villeggiatura con la mia famiglia e davo delle lezione a gente che c’era già qua a Molveno che si iscriveva all’azienda di promozione turistica non per fare dei corsi, ma più che altro per portarli fuori. Poi invece da tre anni vengo con una quindicina di ragazzi che stanno con me per una settimana e stanno tutti con me, nello stesso albergo. E’ un corso di canoa, andare in canoa è molto facile, però non è che sapendo andare in canoa diventi subito un campione. Lo scopo non è assolutamente quello, ma  è quello di farli divertire, di farli stare insieme, formare un gruppo ben affiatato, farli stare per una settimana lontani dai genitori, con i loro coetanei e mettere insieme dei caratteri diversi e anche svegliarli un pochino. Soprattutto farli fare sport. Di solito nel mio corso la mattina si fa canoa e il pomeriggio si fa un’altra attività, che può essere la passeggiata o il giro in bicicletta, ecc… 

Il tuo allievo più giovane e quello meno giovane?

I primi anni facevamo due turni, perché la mattina c’erano i più giovani e poi con il secondo turno quelli un pochino più anziani o i genitori. Adesso con i miei corsi il più piccolo ha 8 anni e il più grande ha 16 anni e cerco di farli fare un’attività dove vengono coinvolti tutti insieme.

Praticamente i tuoi alunni partono da zero e alla fine del corso rimangono a “galla”?

(risata) Buona la battuta, Gianfranco. Questo corso, oltre a prendere confidenza con la canoa, più che altro, serve a far stare insieme i ragazzi, poi far conoscere lo sport ai ragazzi e quindi imparare a come pagaiare e a stare in acqua e, come dici tu, a rimanere a galla.

A chi volesse avvicinarsi al mondo dello sport, che consigli vorresti dare?

Di credere nelle proprie forze, di impegnarsi molto e di credere nelle persone che ti stanno vicino e che ti aiutano a migliorare. Di non allontanarti mai, se è possibile, dalla famiglia e dagli amici e soprattutto stare con i piedi per terra e andare sempre avanti con grinta e umiltà.

Tre ori alle olimpiadi, altri tre ai mondiali e uno agli europei. Hai avuto parecchie soddisfazioni come atleta. Hai dei rimpianti?

No! Nessuno. Se tornassi indietro rifarei tutto da capo, anche perché gli sbagli possono servirti come esperienza. Come dice il proverbio “Sbagliando si impara”.

Quale sarà il tuo ruolo nel mondo dello sport in futuro?

Ti confesso che mi piacerebbe un ruolo a livello dirigenziale. Sono rappresentante dell’Unicef e del Coni ed è un’esperienza che mi sta insegnando tantissimo e che mi piacerebbe portare avanti. Come obiettivi mi piacerebbe portare più sport nelle scuole. Già con la Provincia di Lecco, dove abito, sto facendo qualcosa per realizzare questo mio sogno e ne approfitto di questa tua intervista per lanciare questa idea anche alla Provincia di Trento. 

Di te si dice che sei bello, sei simpatico, ecc… Oltre ai pregi avrai sicuramente qualche difetto o qualche curiosità da svelare ai tuoi fan, no?

Si! Vado matto per i pizzoccheri, amo molto la cucina trentina, anche se devo stare attento alla linea, inoltre mangio l’aglio a spicchi interi. Non per i vampiri (risata) ma per la pressione.