Giacomo Agostini (ex pilota motociclistico e imprenditore)  Bergamo 11.10.2021                                                                                                              

                                           Intervista di Gianfranco Gramola

“Una volta si facevano dei dispetti, ora è tutto sotto controllo. Si ritoccava il carburatore e ricordo che c’era gente che addirittura toglieva il carburatore e lo portava in camera la sera”

 

Io e il campione Giacomo Agostini 

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Giacomo Agostini è nato a Brescia nel 1942, è stato uno dei piloti di motociclismo più forti degli anni 60/70. Ha esordito a 20 anni sui circuiti del motomondiale, dimostrando immediatamente il suo grande talento. Giacomo Agostini è ancora oggi il detentore del record del maggior numero di campionati mondiali vinti in carriera, ben 15. La prima vittoria mondiale per Agostini arrivò nel 1968 in sella a una moto MV Agusta nella classe 350. Contemporaneamente alla classe 350, Giacomo Agostini correva anche nella classe 500, dove debuttò nel 1965: la prima vittoria arrivò durante il secondo anno nella massima classe dell'epoca, dove dominò ininterrottamente fino al 1972, conquistando 7 titoli mondiali. L'ultimo titolo mondiale, il quindicesimo, lo vinse nel 1975: era il secondo in sella alla nuova moto Yamaha, con cui aveva già vinto il campionato 1974 nella classe 350.

Intervista

Sei una leggenda del motociclismo mondiale. Hai vinto 123 Gran Premi, 15 motomondiali nelle classi 350 e 500 e 18 titoli italiani. Tante soddisfazioni quindi.  Delusioni?

Le delusioni ogni tanto ci sono nella vita, no? Io ho fatto il mestiere che ho amato più di tutto, quindi sono molto soddisfatto e non penso alle delusioni.

Ma i tuoi genitori come hanno preso la scelta di dedicarti alle moto?

Non l’hanno presa bene, perché all’inizio mi hanno ostacolato in tutto, nel senso che a 18 anni per correre dovevi avere il consenso dei genitori e loro non me lo davano perché mio padre non voleva che corressi in moto. Sono riuscito comunque a iniziare la carriera, poi visti i risultati hanno dovuto accettare. Hanno capito che forse era il mio mestiere.

L’ambiente delle moto era come te lo immaginavi?

Non lo immaginavo e non ci pensavo nemmeno. Io pensavo alle gare, vedevo la pista e la gente intorno ed ero molto innamorato della moto quindi pensavo solo a correre. Quindi dell’ambiente non è che mi importasse più di tanto.

Com’è cambiato nel tempo il mondo delle corse?

E’ cambiato molto, soprattutto nel settore sicurezza. I miei genitori non volevano che corressi proprio perché purtroppo c’erano tantissimi incidenti mortali, quindi per un genitore c’era una grandissima responsabilità a firmare per mandare un figlio a correre. Difatti mio padre diceva: “Io non firmo perché non voglio firmare la morte di mio figlio”. Loro erano preoccupati per questo.

Nei box si facevano dispetti?

Una volta si facevano dei dispetti, ora è tutto sotto controllo. Si ritoccava il carburatore e ricordo che c’era gente che addirittura toglieva il carburatore e lo portava in camera la sera, per paura che lo manomettessero (risata).

Ai tuoi tempi c’erano le belle ragazze con l’ombrellino?

No, le avevamo dopo (risata), che forse era meglio.

Due parole su Max Biaggi e Valentino Rossi?

Sono due grandi campioni, Valentino naturalmente ha fatto e ha vinto più di Max Biaggi. I giornali scrivono che sono stati protagonisti di una delle rivalità più avvincenti della storia del motociclismo. Sono due leggende che fanno parte della storia del motociclismo.

E’ vero che all’interno del tuo casco avevi la medaglietta della Madonna di Lourdes?

Si, è vero. L’aveva messa lì mia mamma e io questa cosa non la sapevo neanche. L’aveva messa come protezione, perché lei era una donna di chiesa e aveva pensato a questo per proteggere suo figlio.

Cosa porta i giovani motociclisti a correre sempre più forte, sapendo che ci si può far male?

Farsi male fa parte dei rischi di questo mestiere, perché in moto il rischio zero non esiste. Se non rischi fai un altro mestiere, fai l’impiegato di banca o vai a lavorare in farmacia. Correre è una grande passione e la voglia di vincere è tanta, poi pensi è il mio mestiere e lo prendi come è, e quindi devi dare sempre il massimo. Però non è che tutte le volte devi dare il 100 per 100. A volte la gara non è così impegnativa,  mentre poi ci sono dei momenti in cui devi dare il massimo, altrimenti non riesci a vincere. Dipende dalle situazioni, dalla gara,  dal tempo, se è brutto, se è bello o piove.

Il pilota più forte con cui hai gareggiato?

Io ho corso con tutti i più grandi campioni del mondo, da Renzo Pasolini a Kenny Roberts, da Johnny Ceccotto a Mike Hailwood. Ho gareggiato con  tutti, però penso che il più veloce sia stato Mike Hailwood.  

E il più scorretto?

Diciamo il più aggressivo, quello che non ti guardava in faccia e ti superava in un posto dove magari non dovevi farlo perché era più pericoloso, forse era Ferri.

Con quali idoli sportivi sei cresciuto?

Io avevo nei miei sogni Carlo Ubbiali, che era bergamasco e che aveva vinto 9 titoli mondiali. Avevo Tarquinio Provini e altri.

Nelle corse eri più metodico, spericolato o impulsivo?

Ero molto metodico. Inoltre dopo ogni gara disegnavo su un taccuino i vari tracciati, le curve, dove staccare, le marce e tutte le modifiche da effettuare sulla mia moto.

Che effetto ti fa la popolarità?

E’ un piacere e mi da gioia perché vuol dire che ho dato qualcosa a chi mi segue, alle persone che vengono da fuori a vedermi, che mi applaudono e questo è un riconoscimento che non  può farmi che piacere.

Hai conosciuto Cassius Clay. Dove e in quale occasione?

L’ho conosciuto in Austria, ad una manifestazione sportiva, dove siamo stati premiati tutti e due. Io gli ho detto che ero suo tifoso e che lo seguivo nei suoi combattimenti sul ring e lui mi ha fatto i complimenti per la mia carriera, anche perché eravamo della stessa età.

Il tuo incontro con l’attore Alain Delon?

E’ stata una cosa molto simpatica. Aveva fatto questa prima di un film a Parigi, al teatro Essaion. Ci hanno presentati e insieme a me c’erano Alain Delon e Carlos Monzon, il nuovo campione del mondo di pugilato, quindi figurati che serata. C’erano 500 fra giornalisti e fotografi.

E la ragazza che stava con Delon? Era la sua amante?

Era una sua amica, più che un amante e quando è arrivata la moglie di Delon, lui mi disse: “Giacomo, io qui sono in difficoltà, dammi una mano, prendi questa ragazza -  fra l’altro una splendida ragazza - fa finta che sia la tua fidanzata”. “E’ un bel regalo che mi stai facendo” risposi. Ed è finita lì.

Ad un ragazzo che si avvicina al mondo delle moto, che consigli vuoi dare?

Innanzitutto deve amare questo sport e deve nascere con un dono di natura, un dono che Dio ti ha dato. Poi se hai questo, naturalmente devi integrarti, devi essere serio, prepararti, capire che è uno sport e un mestiere difficile, che ha i suoi rischi e che non ti regala niente nessuno.  Che devi applicarti e fare una vita regolata e allenarti per diventare un professionista a tutti gli effetti.

So che sei sempre molto occupato. Di cosa ti occupi?

Lavoro un po’ con Sky 8, seguo i gran premi e curo i miei interessi. Ho un’impresa di costruzioni di case a Bergamo e ho un sacco di cose da fare.