Marino Bartoletti (giornalista e scrittore)                          Bologna 21.2.2022

                               Intervista di Gianfranco Gramola

“Un domani vorrei essere ricordato come uno che ha fatto le cose con serietà, mai dimenticando un briciolo di ironia” 

Il sito ufficiale di Marino Bartoletti è www.ilbartoletti.it

Marino Bartoletti è nato a Forlì il 30 gennaio del 1949. E’ considerato tra i più illustri esperti di calcio e motori in Italia, tanto da ricevere l’onorificenza di Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana, il 27 dicembre 1996. Laureato in giurisprudenza, inizia la sua attività giornalistica nel 1968 al Resto del Carlino, per poi passare qualche anno dopo al Guerin Sportivo. Agli inizi degli anni 80′, Marino Bartoletti collabora con la Rai, conducendo il Processo del Lunedì,  la prestigiosissima Domenica Sportiva, ed ideando nel 1997 il talk-show “Quelli che il calcio”. Ha diretto la testata giornalistica sportiva della Rai, riportando dopo tanti anni alla tv di stato il Giro d’Italia, Il mondiale di Formula Uno e quello di motociclismo. Nel 1997 inizia a dedicarsi anche alla carriera radiofonica, lanciando Vip Parade, trasmissione di musica e sport. Dal 2013 è ospite fisso della trasmissione Zona 11pm in onda su Rai Sport. Nel corso della sua carriera ha vinto numerosi premi in ambito giornalistico. E’ stato inoltre membro della commissione interministeriale per la riforma dello sport. Grazie alla sua competenza musicale è spesso ospite a La vita in diretta e L’Arena.

Opere

La cena degli dei, Gallucci Editore, 2020 (Premio Selezione Bancarella, Premio Invictus, Premio Libri di Ulisse, premio CONI-Memo Geremia)

Il ritorno degli dei, Gallucci Editore, 2021

Bar Toletti – Così ho sfidato Facebook, Edizioni Minerva, 2017

Bar Toletti 2 – Così ho digerito Facebook, Edizioni Minerva, 2018

Bar Toletti 3 – Così ho cambiato Facebook, Edizioni Minerva, 2019

Bar Toletti 4 – Così ho sedotto Facebook, Edizioni Minerva, 2020

Bar Toletti 5 – Così ho vaccinato Facebook, Edizioni Minerva, 2021

Almanacco del Festival di Sanremo, con Lucio Mazzi, Gianni Marchesini Editore, 2020

La squadra dei sogni – Il cuore sul prato, Gallucci Editore, 2019

La squadra dei sogni – Tutti in campo, Gallucci Editore, 2019

La squadra dei sogni – La coppa dell’amicizia, Gallucci Editore, 2020

Intervista

Due parole sul Festival di Sanremo appena concluso. Quali erano le tue previsione e ti aspettavi un così grande successo?

Le mie previsioni erano che sarebbe stato un festival molto importante, perché c’era molta attesa, sapevo che Amadeus aveva lavorato molto bene e che aveva fatto una scelta di grande complementarietà fra le canzoni. Non potevo immaginare, ma forse neanche lui, che avrebbe avuto un successo così importante. Certamente numerico ma anche, in questo caso, di contenuti. Ha fatto un piccolo capolavoro e di anno in anno il suo festival è sempre più bello.

Quali sono stati i presentatori nella storia del festival che ti sono piaciuti di più?

Sicuramente Pippo Baudo perché non soltanto ha fatto la storia del festival, ma ha cambiato la storia del festival. Poi ho avuto una passione personale per Fabio Fazio che a sua volta ha fatto una piccola rivoluzione alla fine del secolo ed anche Paolo Bonolis che ha portato un clima che fino a quel momento non s’era visto spesso.

Parliamo della tua carriera. Da piccolo, alla domanda :  “ Cosa vuoi fare da grande?”, cosa rispondevi?

Il veterinario, poi mi sono reso conto che avevo leggermente sbagliato prospettiva e mi è rimasto solamente l’amore per gli animali.

La passione per il giornalismo com’è nata? Hai giornalisti in famiglia?

No, assolutamente no, perché i miei genitori facevano i sarti. Mio padre era un musicista e mi ha trasmesso la passione per la musica, ma la passione per  il giornalismo sicuramente no, però quando me lo sono chiesto a posteriori mi è venuto in mente quando mi appassionarono le Olimpiadi di Roma del 1960, che evidentemente crearono nella fantasia di un bambino di 11 anni qualcosa che fatalmente mi è rimasta dentro. Sono state talmente belle quelle emozioni che forse chissà, mi venne anche la voglia di trasmetterle quelle emozioni dello sport, oltre che di viverle.

Con quali idoli del giornalismo sei cresciuto?

Sicuramente con Gianni Brera, che è stato il mio maestro, il mio punto di riferimento da lettore ma anche nella professione e mai avrei pensato che sarebbe diventato il mio direttore, mai avrei pensato che sarei diventato il suo erede come direttore al Guerin Sportivo. 

Ti sei occupato di sport prima al Guerin Sportivo e poi anche in TV al Processo del lunedì. Fra tutti gli sport ce n’è uno che ti affascina di più, ti attrae di più?

Il ciclismo è il mio sport primogenito, nel senso che è quello che ho amato sin dall’inizio ed è quello che mi ha trasmesso le emozioni più forti e che ancora adesso forse è quello che mi trasmette più emozioni. Se devo parlare invece dello sport con cui ho iniziato a scrivere, questo è la pallacanestro.

Qual è stato l’evento sportivo che ti ha colpito di più?

Ho fatto dal vivo 10 olimpiadi, 10 campionati del mondo, aggiungici qualche centinaio di gran premi di auto e di moto e tutti gli altri accessori che puoi immaginare, diventa difficile fare una selezione. Potrei dirti i mondiali del 1982, allo stadio di Madrid, dove l’Italia vinse i mondiali e io ero a 10 metri sotto Sandro Pertini che urlava: “Non ci prenderanno più”. Puoi immaginare che notte è stata al Santiago Berbabeu.

Parliamo di Pantani. I suoi genitori ancora non si danno pace e vogliono la verità sulla fine del loro figliolo. Qual è il tuo pensiero?

Pantani è l’atleta in assoluto che mi ha trasmesso i momenti più forti ed emozionanti di quelli che ho vissuto nello sport. Questo è poco ma sicuro ma non soltanto a me ma anche a milioni di persone. L’Italia è tornata a fermarsi per le sue imprese. E’ chiaro che come tutte le persone che gli hanno voluto bene, ho vissuto con un dolore, con una incredulità incredibile quello che gli è successo.  Tutti quanti quelli che gli sono stati vicino, me compreso, hanno forse il rimorso di non aver fatto qualcosa di più. Da una parte capisco il dolore di una madre che vorrebbe sapere come sono andate veramente le cose, dall’altra vorrei tanto che Marco Pantani riposasse in pace.

Radio, Tv, giornalismo. In quali di questi ambienti ti senti più a tuo agio?

Tutto è nato perché ho cominciato a scrivere, quindi ancora adesso debbo pensare che la scrittura sia la cosa migliore che so fare, soprattutto alla luce di questo exploit di questo libro e di questo romanzo. Tant’è vero che sia “La cena degli dei” che “Il ritorno degli dei” hanno avuto un successo incredibile. Però onestamente credo di poter dire di essere polivalente, perché alla  radio me la cavo bene e ti dirò che forse è il mezzo che amo di più, di quello non scritto. E anche in televisione qualcosa di buono ho combinato, quindi mi prendo come sono, pensando che se questo sono, è perché  un bel giorno ho preso una penna in mano, anzi una Olivetti Lettera 32 in mano.

Quanto conta la fortuna nel tuo lavoro?

Molto ed è chiaro che la devi coltivare, la devi corteggiare, la devi agevolare. Io, in tutta sincerità, credo di essermela meritata, perché comunque a fronte di questa fortuna ci sono anche delle sofferenze comprensibili, ma anche incomprensibili, anche invisibili che non tutti sanno. Però è chiaro che se tornassi indietro non potrei immaginare tutto quello che ho avuto.

Prima accennavi ai tuoi due ultimi libri. Chi sono questi dei?

Io dico sempre che gli dei li ha convocati il “grande vecchio” e io mi sono solo limitato a scriverli. E’ chiaro che nel primo libro “La cena degli dei” è difficile non sentirmi  particolarmente vicino a Marco Pantani, a Lucio Dalla, a Luciano Pavarotti e non  voglio fare torti proseguendo, ma sono persone a cui in buona parte ho voluto bene. Nel secondo libro anche in copertina ci sono Diego Maradona e Paolo Rossi e la dedica stessa parla di un libro dedicato a due amici più che a due grandi campioni. Questi libri non sarebbero mai nati se non fossi stato veramente amico di tanti personaggi di cui si parla.

E’ già in cantiere il tuo prossimo libro?

Io mi sto godendo il successo del secondo libro, anche del primo, perché molti che vanno in libreria, scoprono il secondo libro, e poi vogliono comprare anche il primo. Certo ne farò un altro e mi piacerebbe conservare la stessa impalcatura però non ho ancora messo a fuoco quello che scriverò. Ogni tanto mi passa  per la testa, ma poi me la faccio passare rapidamente perché dopo aver scritto qualcosa sul Paradiso, potrei scrivere qualcosa sull’inferno (risata). Ma non vorrei cacciarmi nei pasticci.

Hai ricevuto numerosi premi, ce n’è uno a cui tieni particolarmente?

Sono veramente centinaia e centinaia i premi che ho ricevuto. Forse il più bello di tutti, e me lo tengo molto caro, l’ho ricevuto molto tempo fa,  fu quello intitolato a Beppe Viola, perché  è stato un punto di riferimento, perché è un amico, perché è il giornalismo che allo stesso modo propone leggerezza e profondità, al quale spero e penso di essermi sempre ispirato.

In maggio abbiamo il Giro d’Italia. Come siamo messi?   

Innanzitutto è una bella notizia che c’è il Giro d’Italia, perché due anni fa venne fatto in ottobre, con tanta fatica, quasi con eroismo. L’anno scorso è stato fatto in maggio però c’erano ancora delle norme severe. La grande speranza è che si possa tornare a qualcosa che assomiglia alla normalità. Non credo che abbiamo dei corridori per vincerlo, però è chiaro che per affetto bisognerà guardare con occhi di riguardo al nostro “vecchietto” Vincenzo Nibali.

Hai dei rimpianti o qualche sassolino?

No, sarebbe veramente da ingrato. Potrei dirti che mi è dispiaciuto quando la seconda volta che diventai direttore del Guerin Sportivo, fu l’editore a non volermi più, perché era geloso del mio successo televisivo, però di lì a poco diventai direttore dello sport in Rai. Come si dice: “Si chiude una porta e si apre un portone”. La cosa certa è che quando si chiude una porta ti resta il dolore di certe cose, di fronte alle quali sei incredulo, però poi alla fine il bilancio è sempre abbondantemente positivo.

Quali sono le tue ambizioni?

Parli con un uomo di 73 anni, Gianfranco, anche se sono ancora pieno di vita. Desidero potermi godere gli affetti e di farmi venire ancora qualche stimolo per guardare avanti. Il primo libro “la cena degli dei” è dedicato a Enzo Ferrari, che a 70 anni guardava alla vita e progettava il futuro. E’ una dedica molto interessante.

Un domani, come vorresti essere ricordato?

Come uno che ha fatto le cose con serietà, mai dimenticando un briciolo di ironia.