Michele Cucuzza (giornalista e conduttore)             Milano 20.11.2021

                                    Intervista di Gianfranco Gramola

“Quando si lavora in redazione quello che conta è riuscire a fare un prodotto che piaccia alla gente, che incuriosisca il telespettatore”

Michele Cucuzza è nato a Catania il 14 novembre del 1952. Incomincia come giornalista in Sicilia nel quotidiano Catania Sera, occupandosi di temi di società. Trasferitosi a Milano nel 1973, collabora con il quotidiano Il Giorno e con l'ufficio stampa del sindacato UIL. Nel 1976 è tra i fondatori di Radio Popolare, con Piero Scaramucci, Nini Briglia, Gad Lerner e altri. Si laurea in Lettere moderne all'Università degli Studi di Milano. Nel 1979 diventa giornalista professionista, iscritto all'Ordine dei Giornalisti del Lazio. Nel 1983 incomincia a collaborare con la Rai, sempre a Milano, presso la quale è assunto come redattore. Fino al 1988, Cucuzza realizza servizi e collegamenti per le varie testate del servizio pubblico, radiofoniche e televisive. Segue le principali vicende di cronaca di quegli anni, dal terrorismo, al caso Tortora, dalle vicende del Banco Ambrosiano, alla morte di Michele Sindona, all'alluvione in Valtellina. Chiamato a Roma, nel 1988, a condurre il TG2, è anche inviato all'estero, realizzando servizi, collegamenti e speciali dalla Francia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Arabia Saudita, Stati Uniti, India e seguendo i principali eventi sociali e politici e del periodo. Conduce il TG2 per 10 anni, fino al 1998. Nel 1992 e 1993 conduce inoltre il Festival musicale 'Premio città di Recanati'. Ha condotto Cronaca in diretta dal 2 aprile al 29 maggio 1998 su Rai 2. Dal 5 ottobre 1998 al 30 maggio 2008 è il conduttore de La vita in diretta, sempre su Rai 2 prima e su Rai 1 poi. Nel 1997-1998 partecipa a La posta del cuore, su Rai 2, con Sabina Guzzanti, interpretando un telegiornalista disperato perché abbandonato dalla fidanzata. Nel 1999 conduce con Katia Ricciarelli e Gianfranco D'Angelo, Segreti e bugie, sette prime serate, il sabato su Rai 1. Dal 2003 diventa testimonial dell'Istituto Oncologico Romagnolo di Rimini. È anche testimone dell'Onlus 'Attive come prima'. Dal settembre del 2008 al maggio 2011 conduce con Eleonora Daniele Uno Mattina, su Rai 1. Dal 2010 al 2012 conduce con Chiara Giallonardo il rotocalco radiofonico di attualità Radio2 Days. Nel 2011 a Reggio Calabria è direttore di Legalitàlia, incontro antimafia promosso dalla Fondazione Scopelliti e dal movimento giovanile ‘Ammazzateci tutti’. Dal 2011 al 2015 coordina e presenta il Premio America della Fondazione Italia USA presso la Camera dei deputati. Nell'agosto 2012 è con Barbara De Rossi cooperante per INTERSOS, nel campo di rifugiati di Makpandu, nel Sudan del sud. Alle elezioni per il Presidente della Repubblica italiana del 18 aprile 2013 riceve due voti. Nel 2013 conduce dai microfoni dell'emittente romana Qlub Radio 89.3 Fm, la trasmissione quotidiana Rosso di sera. Il 4 e 12 dicembre 2013 conduce con Rula Jebreal il programma televisivo Mission, trasmesso in prima serata su Rai 1. Dal 2014 conduce con Tiziana Di Simone Manuale d'Europa, in onda su Rai Radio 1 il sabato e la domenica mattina. Il programma è trasmesso anche su Rai GR Parlamento il sabato alle 14. Dal novembre 2016 al maggio 2019 ha condotto, con Mary De Gennaro, Buon pomeriggio su Telenorba. Nel 2017 conduce una trasmissione sulla televisione Retesole. Dal 17 gennaio 2018 è ospite fisso di 90 Special, programma che ricorda gli anni 1990 in onda su Italia 1 condotto da Nicola Savino. Nel settembre 2019 ha ottenuto il Premio alla carriera Menotti Art Festival Spoleto (erede del Festival dei Due Mondi). Dal settembre 2019 è testimonial ufficiale dell'associazione City Angels. Dal gennaio 2020, partecipa alla quarta edizione del Grande Fratello VIP, rimanendo nella casa per 34 giorni.

Libri

Poesie d'amore. [Da Saffo a Prévert] 2004 - Ma il cielo è sempre più blu. Il delitto Fortugno e la rivolta dei giovani di Locri contro la 'ndrangheta 2006 - Sotto i 40. Storie di giovani in un paese vecchio 2007 - Fuori dalla rete. Diario online 2008 - Fuori dal video. Storie italiane, Cantalupo in Sabina 2010 - Il male curabile. La sfida di Mauro Ferrari, il matematico italiano che sta rivoluzionando la lotta ai tumori  2012 - Gramigna. Vita di un ragazzo in fuga dalla camorra, con Luigi Di Cicco 2013 - Storie di successo: Giovanni Clementoni, Irene Pivetti, Annarita Pilotti, Marco Bartoletti 2015 - Fuori dalle bolle. Come sottrarsi dalle supercazzole in rete 2020 - Steve Job, vita e opere di un genio coraggioso 2021.

Intervista

Com’è nata la tua passione per il giornalismo? Hai giornalisti in famiglia?

E’ nata spontaneamente credo, perché mio padre Salvatore si occupava di tutt’altro, era un vulcanologo a Catania. Mia madre Teresa era casalinga e si occupava di lui, di me e di mio fratello Francesco. Però a casa mia circolavano giornali e quotidiani nazionali e di Catania naturalmente, perché mio padre aveva bisogno di sapere cosa dicevano i giornali e frequentemente venivano anche giornalisti a trovarlo a casa oppure parlavano al telefono con lui. E ho cominciato a capire che il giornalismo era un mestiere bellissimo, forse fra i più belli, però non è un totem, ma una cosa fatta giorno per giorno, con tutti i limiti del lavoro umano. Tutto questo ha fatto si che a poco a poco mi appassionassi a questo mestiere. Poi io sono andato a Milano e ho cominciato a lavorare con quelle che allora si chiamavano “radio libere”,  io avevo un direttore che era un giornalista del TG2 molto famoso, che si chiamava Piero Scaramucci, che mi ha insegnato moltissimo.

Fra colleghi hai trovato più complicità o rivalità e competizione?

Quando si lavora in redazione quello che conta è riuscire a fare un prodotto che piaccia alla gente, che incuriosisca. L’elemento dell’individualismo e della competizione è presente di più nei programmi dove si mescolano le informazioni e l’intrattenimento. In televisione c’è molto individualismo, molta competizione.

Dalla carta stampata alla televisione, come ricordi gli inizi?

Gli inizi in Rai sono stati bellissimi, prima avevo lavorato a Radio Popolare per sette anni, dove sono diventato giornalista professionista, perché avevo fatto un sacco di cose, compresa l’intervista a Sandro Pertini, il Presidente della Repubblica che mi aveva costretto a dargli del “tu” ed io avevo un po’ la puzza sotto il naso, come capita ai giovani un po’ presuntuosi. In Rai ho imparato che cos’è il mestiere quotidiano, fatto di lavori artigianali e poi ho imparato a fare televisione, perché non la conoscevo. E lì, con il Tg3 regionale, quello che si faceva a Milano per la Lombardia e poi i servizi  ho imparato moltissimo. 

Hai condotto “la vita in diretta – Uno mattina, ecc …”. Quali sono gli ingredienti di un buon programma televisivo?

Ho condotto per dieci anni anche il Tg2, perché prima di tutto sono giornalista. Poi su   invito di Carlo Freccero, che era un geniale inventore della televisione, ho condotto “La vita in diretta” prima su Rai2 ed ha avuto un grande successo e poi la Rai ha deciso di trasmetterlo su Rai1, perché un programma non poteva avere un successo così grande su Rai2. Il segreto di un buon programma televisivo non lo so. Penso che prima di tutto deve alimentare la curiosità del telespettatore e devi creare una certa empatia con la gente, devi essere visto in un certo modo, cioè non deve essere il risultato del tuo desiderio di diventare famoso, dell’essere conosciuto. Invece ci deve essere la voglia di raccontare le cose, di incuriosire la gente e il giornalista questo lo sa benissimo. Con le notizie, tu racconti qualcosa di interessante, quindi sei il mediatore, colui che porta qualcosa. Quando però tu ti atteggi a divo, la gente se ne accorge subito e cambia canale.

Per il Tg hai realizzato molti servizi di cronaca, di terrorismo, il caso Tortora, ecc … Ce n’è uno che ti ha coinvolto emotivamente?

Tutti mi hanno coinvolto emotivamente. Non ci sono servizi che un giornalista fa, senza esserne coinvolto. Naturalmente poi impari a corazzarti, a non farti travolgere dalle emozioni, ma trasformare le emozioni in notizie, fatti, dettagli particolari, ecc ..  Io ho avuto la fortuna non solo di realizzare molti servizi di cronaca italiana, ma anche all’estero. Sono stato per anni, grazie al TG2, di supporto all’ufficio di corrispondenza di New York della Rai. Ci sono stato una quindicina di volte a New York per realizzare dei servizi, poi sono stato anche in Europa e un po’ dappertutto. Erano gli anni in cui è caduto il muro di Berlino ed in cui è finita la guerra fredda. Poi sono stato in Arabia Saudita prima che cominciasse la prima guerra del Golfo, subito dopo l’invasione del Kuwait da parte di Saddam. Quindi ho visto l’addestramento della forza multinazionale, dove c’erano anche gli italiani, che poi da lì avrebbero liberato il Kuwait. Ho visto un mondo dove le donne non potevano uscire di casa, non potevano lavorare, non potevano neanche guidare la macchina. Poi sono stato ai funerali di Madre Teresa a Calcutta in India, poi a Londra quando è morta Diana dove ho seguito tutta l’incredibile manifestazione di amore del popolo inglese e londinese in particolare per questa principessa.

Hai scritto parecchi libri e due mi hanno incuriosito molto: “Il male curabile” e “Steve Jobs”. Com’è nata l’idea di scrivere questi libri?

“Il male curabile” è il risultato di un mio viaggio negli Stati Uniti, sono stato a Houston in Texas, dove, per tre settimane, ho seguito le ricerche del professor Mauro Ferrari, uno dei più influenti, autorevoli e importanti scienziati e ricercatori del mondo, che sperimentava e sperimenta tuttora le  nanotecnologie per la lotta contro il cancro. Quindi il male curabile vuol dire il cancro. Si diceva “E’ morto per un male incurabile”, invece la Rizzoli quando ha pubblicato il libro ha detto: “Facciamolo diventare un male curabile”. In effetti queste ricerche sono estremamente interessanti, anche se poco note, cioè l’idea che si possa trasferire i medicinali che noi studiamo già adesso, compresa la chemio, in particelle minuscole come capelli sottilissimi, in modo che possano viaggiare dentro il nostro corpo senza danneggiare le cellule sane. Cosa che invece succede, e tante volte, debilita le persone fino addirittura alla rinuncia da parte degli ammalati di un nuovo ciclo di chemioterapia, perché li spossa, li penalizza fisicamente. E’ una ricerca estremamente interessante, che continua ancora oggi. Pensa che nel centro ospedaliero ci sono migliaia tra medici, impiegati e dipendenti, una cosa straordinaria, una specie di Nazioni Unite della salute. Ci sono anche medici italiani naturalmente che io ho conosciuto e con i quali ho fatto amicizia. C’è gente di tutto il mondo, un po’ come l’Onu, assomiglia all’Onu. Ed è un esempio fantastico della solidarietà umana, che si danno da fare per la salute di tutti. Sono cose che dovrebbero tenere presente quelli che urlano, creano casini per le questioni del covid, del vaccino, ecc .. L’altro libro è più recente ed è la storia di Steve Jobs, che è morto 10 anni fa a soli 56 anni, proprio di cancro. Ha lasciato un impero straordinario che è la Apple, ora diretta da Tim Cook com’è noto e a Wall Street ha un valore superiore al pil italiano. Vuol dire che una sola azienda è più ricca di tutta la ricchezza prodotta da 60 milioni di italiani. Al di là del valore del denaro, che pure conta moltissimo, la Apple che è l’azienda creata da Steve Jobs, ha cambiato molto il nostro modo di comunicare e dunque anche il nostro modo di vivere. Io con questo libro ho voluto raccontare la storia di questo hippie, perché lui era un hippie, uno spostato, uno fuori di testa, un visionario, un sognatore che però aveva l’occhio lungo, cioè si è accorto che quando  era giovane, verso la metà degli anni ’70, stava nascendo l’industria di internet, stava nascendo la Silicon Valley, che era davanti ai suoi occhi, perché è davanti a San Francisco e quindi lui ha deciso di buttarsi sui computer per poi fare quello che sappiamo, cioè iMac, iPod, iPhone e iPad. Poi naturalmente non l’ha fatto solo lui, l’hanno fatto anche altre aziende rivali, in competizione fra loro. Però lui è stato quello che maggiormente ha impresso il pil e ancora oggi è la prima azienda tecnologica mondiale.

Oltre al lavoro curi delle passioni nella vita?

Mi appassiono a tutto. Mi piace seguire la politica, infatti mi considero un esperto, uno che ci capisce. Non sono di parte anche se da giovane lo sono stato, ero un giovane del movimento come tutti i giovani dell’epoca, però oggi non ho nessun timbro politico. Poi sono uno sportivo malgrado l’età, per cui io scio, faccio immersioni subacquee con le bombole. Quest’estate ho fatto windsurf, in uno di quei posti più belli del mondo, che è lo stretto di Messina, dove tu puoi fare windsurf avendo alle spalle la Calabria e davanti l’Etna e la Sicilia.

Da Catania a Milano e poi a Roma. Come ricordi l’impatto con la Città Eterna?    

Io avevo i pregiudizi di tutti i milanesi, perché vivevo da 15 anni a Milano e quindi  dicevo: “Vado a Roma, che palle. Questi non lavorano, non si alzano presto la mattina, ecc …”. Io ero abituato ai ritmi di Milano e Milano sotto questo punto di vista, si dava molte arie. Oggi molto meno. Invece a Roma sono stato accolto benissimo e la prima sera, finito di lavorare, i colleghi del TG2 dissero: “Andiamo a prendere un gelato da Giolitti?”. Giolitti è praticamente dietro la Camera. E così siamo andati a prendere il gelato, era verso la fine dell’estate e c’era una temperatura meravigliosa, si camminava a piedi, la gente era gioviale, aperta. Ora Roma è molto cambiata, è più incazzata. Pensa che io non ero mai uscito con i miei colleghi milanesi. A Roma invece ancora la prima sera sono uscito con i colleghi, queste belle passeggiate nel cuore di Roma, con un clima fantastico ho pensato subito: “Io questa città non la lascerò mai”. La mattina ero arrivato a Roma con tutti quei pregiudizi e la sera avevo già cambiato idea.

In quali zone hai abitato a Roma?

Ho sempre abitato vicino alla Rai, diciamo in zona Prati e Roma nord.

Giri per Roma in macchina o con i mezzi pubblici?

Io giro Roma in motorino e giro un po’ dappertutto. Esattamente non si sa quanti sono quelli che usano il motorino a Roma, si calcola che siano circa 200 mila. A Roma il motorino si usa praticamente tutto l’anno e noi che lo usiamo, abbiamo tutte le attrezzature per la pioggia, per il freddo e per qualunque cosa. Per cui ti muovi bene in mezzo al traffico e puoi riuscire a fare due cose nello stesso giorno. Se hai la macchina non ci riesci.

La cucina romana ti ha conquistato?

La cucina romana, quella tradizionale, è un po’ tosta, tipo i fagioli con le cotiche, la pajata, la coda alla vaccinara, ecc … Però se tu mi dici la cacio e pepe, la matriciana, la carbonara ti dico si, mi ha conquistato. Ma si sa che a Roma i ristoranti cucinano molto bene qualsiasi cosa e devo dire che sono meno cari di quelli di Milano.

Cosa ne pensi del nuovo sindaco?

Io mi considero romano di adozione, anche se il mio sangue pulsa fortissimamente siciliano e sono un po’ frastornato, perché non mi pare che sia cambiato nulla. Oggi noi romani siamo un po’ costernati perché abbiamo letto di questo premio, cioè che hanno deciso di dare un premio di produzione ai lavoratori della nettezza urbana perché non si ammalino, cioè che non fanno gli assenteisti. Questo è un qualcosa che fa ribollire il sangue. Oggi tutti i giornali ne parlano, dicono che è un premio contro l’assenteismo. Io devo dire la verità, che da quando è stato eletto questo sindaco, quindi da un mese, non è cambiato nulla, perché la “monnezza” regna sovrana da tutte le parti, compreso a Roma nord, che dovrebbe essere una zona più privilegiata. Non è cambiato nulla per il momento. Diamo tempo al tempo.