Pino Caruso (comico)     Roma giugno 1999

                   Intervista di Gianfranco Gramola

Da Palermo con furore

Pino Caruso, grande attore siciliano, attualmente in TV nella serie “Carabinieri” con la Arcuri e la Colombari, ha un suo sito su Internet e nella spiritosa biografia ci spiega che:” Il 10 ottobre ’34, a Palermo, nasce improvvisamente Pino (Giuseppe) Caruso. Egli non se l’aspettava e non sarebbe stato consultato. Sono nato a mia insaputa!”. E racconta che…:” Le scuole le ho frequentate poco perché la cultura costa e la povertà è gratis. Non mi sono lasciato scappare quest’occasione”. Alla voce: Cibi preferiti, spiega…” Sono vegetariano, amo la pasta e affermo che mangiare carne è omicidio premeditato a scopo di libidine, digerirla è occultamento di cadavere”. Il suo curriculum artistico è più serio e molto ampio. Dopo varie esperienze artistiche in Sicilia, nel ’65 approda a Roma e si dedica al cabaret. Il successo è immediato. Al Bagaglino ha lavorato moltissimo, specialmente nei primi tempi. Nel ’68 arriva anche il successo in TV con “Che domenica, amici” (68-69) “Teatro Dieci” (70-72) “Dove sta Zazà” (73) “Domenica In” (84-85-86). Da notare che prima di fare questo mestiere, Pino Caruso ha fatto l’apprendista tipografo, garzone di bottega, salumiere, barista, droghiere, strillone di giornali,ecc…Attualmente collabora con il quotidiano romano “Il Tempo”, scrivendo dei racconti umoristici, inoltre va ricordato che Pino ha scritto anche alcuni libri con quell’umorismo intelligente che da sempre gli appartiene. Pino Caruso vive a Roma con la moglie Maria Luisa e il figlio Francesco. 

Ha detto:

- Quello che diventa difficile quando si è vecchi è vivere.

- Sono vegetariano dalla nascita. Non mangio nulla che sia costato la vita ad un essere vivente.

- Quando mi hanno fermato i carabinieri mi sono sentito male, invece era per dirmi "Grazie, collega!".

- Sono un'autodidatta che ha studiato alle scuole serali. La scuola in Italia ha un grande difetto: spaventa. Leggere è sinonimo di noia. Invece se non conosci il passato non puoi conoscere il presente.

- Amo il teatro, la Tv e il cinema. Il teatro, calato il sipario, non resta più nulla. Cinema e Tv invece rimangono. Per esempio, non sapremmo quasi nulla di Totò se avesse fatto solo teatro.

Curiosità

- Ha scritto 5 libri e il primo, "L'uomo comune" (1985) ha vinto al Festival dell'Umorismo, di Bordighera. Il suo ultimo libro è " Il venditore di racconti".

- Per i suoi libri si è ispirato al dopoguerra, alla sua infanzia, ma anche ai giorni d'oggi. Alcuni racconti sono autobiografici.

- Ha un sito: www.pinocaruso.it che consiglio di visitare, perché è fatto bene, è pieni di bei racconti ed è molto adatto a chi è giù di morale. Praticamente è un tiramisù.

Alcuni suoi aforismi

- I ladri poveri sono ladri perché sono poveri. I ladri ricchi sono ricchi perché sono ladri.

- Non mi arrenderò mai alla morte. Piuttosto m’ammazzo.

- L’uomo nasce dalla donna e per tutta la vita non fa altro che cercare di rientrarvi.

- Il Diluvio Universale? Acqua passata.

- Per non farmi condizionare da ciò che penso, sono arrivato al punto che non mi parlo più.

- Quello che non mi piace della guerra è che si perdono le buone maniere.

- Aveva tutto per essere un grande scrittore: la carta, la penna e la scrivania. 

Intervista

Quando ti sei stabilito a Roma, Pino e come ricordi l’impatto?

Bellissimo e nello stesso tempo drammatico,perché in una prima volta quando ci sono venuto, non era tanto l’impatto con la Capitale, quanto il fatto di aver strappato le mie radici dalla mia città, dagli amici, da tutto e quindi a Roma non conoscevo nessuno, per cui è stato abbastanza traumatico, ma non tanto per l’arrivo, quanto per la partenza dalla mia città. Ho cominciato a venire a Roma nel ’60, l’anno traumatico che dicevo prima e poi nel ’65 mi ci sono fermato. Dicevo "ho cominciato a venirci" perché qui ci stavo un estate, cercavo combinazioni di lavoro che a volte trovavo ,altre no e allora non mangiavo. Nel ’65 mi ci sono fermato e la zona che frequentavo era Panico e Roma, lì, mi ha fatto sentire come a casa, un po’ perché il quartiere era un quartiere popolare come quello dove sono nato e ho vissuto parecchi anni e poi perché Roma era la Capitale del potere, come lo era Palermo.Quindi c’erano gli stessi intrighi, la stessa corruzione, ecco perché non ho sentito nostalgia.

In quale zona ti sei stabilito?

Nella fase,diciamo,da zingaro, un po’ tutta Roma, perché frequentavo tutte le pensioni vicino alla stazione Termini, sull’Appia Antica, via Frattina… le ho fatte tutte perché ci stavo e ci resistevo poco “economicamente”. Quindi Roma la conosco meglio di mia moglie che è nata a Roma, zona Salario.

Come giudichi i romani?

La prima cosa che devo dire è che i romani non mi hanno mai fatto sentire un estraneo. Un grandissimo pregio. Poi i difetti dei romani sono anche i difetti dei palermitani. Roma e Palermo sono due Capitali per molti versi, quindi hanno i difetti delle capitali. Noi , quelli che non sono nati a Palermo li chiamiamo "regnicoli", a Roma “burini”… è lo stesso atteggiamento un po’ d’orgoglio, però senza odio, mi pare. Un difetto romano, che è anche un difetto del palermitano, diciamo un po’ spagnolo, è quello della vanteria.

C’è un angolo di Roma a cui ti senti affezionato?

Si! Mi sento molto legato alla zona di piazza Navona, via della Campanella, via Panico e mi piace moltissimo Trastevere. "Che bella scoperta" dirai Gianfranco. Porta Portese mi piace un po’ meno. Mi piacciono quei vicoletti di Trastevere, le trattorie mezze nascoste, quelle stradine dove uno si sente protetto. Trastevere adesso è molto frequentabile, molto bella e molto romana. Ogni città ha un cuore, il cuore di Roma è Trastevere.



Ami la cucina romana?

Ma la cucina romana in confronto a quella palermitana, permettimi di dire questo,è inesistente. A Roma i piatti sono quattro, a Palermo 4400. Questa è la differenza. Perché noi godiamo di una sofferenza, cioè le tante dominazioni che sono passate per Palermo. Non che ci abbiano lasciato dei piatti, ma ci hanno creato delle condizioni così diverse via via, sempre con la povertà presente, che ha acuito la fantasia e ha portato ad un arricchimento culturale e gastronomico. Noi possiamo mangiare pasta per quattro mesi, condendola ogni giorno in modo diverso. A Roma se si leva la matriciana e altre due o tre cose abbiamo già finito. Però Roma è una città meravigliosa e questo compensa tutto. Non si può avere tutto, no ?

Quali sono i mali di Roma che più la feriscono?

La sporcizia … me l’ha suggerito mia moglie, ma è quello che penso anch’io. A Palermo il problema era stato risolto con grandi campagne, con grande insistenza e adesso non so a che punto è. Ma questo male non è da attribuire al romano perché sarebbe ingiusto. Bisognerebbe attribuirlo ai cittadini di Roma, a quelli che la abitano che sono siciliani,piemontesi, veneti, calabresi,ecc... Non si può dare sempre la colpa ai romani. Vedere il cittadino che butta il pacchetto vuoto delle sigarette per terra mi ferisce, oppure che butta le carte o la lattina dal finestrino della macchina mi dà fastidio. A me è capitato di andare in altre città europee dove l’italiano spesso non si azzarda a buttar nulla per terra perché vede tutto pulito. Qui da noi, quando uno vede che è sporco, a un certo momento, finisce per sentirsi ridicolo a raggiungere un cestino per metterci una carta o una lattina vuota. Questa è una cosa che mi ferisce molto e ferisce anche Roma.

Cosa provi nel tornare a Roma?

Il piacere di tornare a casa. Come dicevo prima io ho due città: Palermo e Roma. A Palermo torno nella mia città, a Roma a casa mia. Devo tanto a Roma anche perché mi ha dato una moglie e un figlio.


Un tuo sogno nel cassetto?

Non ne ho, anche perché non saprei dove mettere la biancheria.

Com’è avvenuto il tuo accostamento verso la recitazione?

Non te lo so dire, perché è stato più un istinto che una scelta. Io sono un autodidatta, ho la quinta elementare. Non che sia stato questo a farmi diventare attore, ma questa condizione mi ha dato la forza e l’energia di continuare una strada che all’inizio era dura e piena di difficoltà, non solo di fame ma , non abitando a Roma, non solo non avevo la famiglia, ma non avevo nemmeno il posto in cui rifugiarmi la sera. Qualche volta ho dormito anche alla stazione Termini. A Palermo avevo una famiglia che non era in condizione di aiutarmi. I miei coetanei, con titolo di studio, hanno deciso di usare il diploma, mentre io che non ne avevo, non avevo nemmeno altre alternative che un modesto impiego con una vita già programmata in partenza. Il mestiere dell’attore mi offriva la speranza e la disperazione, la disperazione di non avere alternative, la speranza di poter, con questo lavoro, di raggiungere qualche risultato. Io non so né si può dire cosa avrei fatto se avessi avuto un titolo di studio. Io penso che avrei fatto ugualmente l’attore. L’attrazione era molto forte. Inoltre devo dire che questo lavoro è come quello del muratore, dell’idraulico,cioè va “imparato”. Il mio è un lavoro e questo l’ ho capito fin dal momento in cui l’ ho cominciato,tant’è vero che, sempre da autodidatta, ho sempre cercato di carpire, di imparare i segreti, le tecniche, i movimenti, i tempi, il modo in cui muoversi, ecc… Poi ci vuole anche il talento, la predisposizione. La mancanza di tecnica e buttarsi così da dilettante incontro al lavoro significa, secondo me, correre il rischio di spegnere il talento.