Alessandra Appiano (giornalista, scrittrice e autrice Tv)    Milano 29-1-2014 

                       Intervista di Gianfranco Gramola

Una scrittrice raffinata, una penna dolce e sentimentale. Il suo ultimo libro “Solo un uomo”, è stato definito dalle lettrici “molto terapeutico”, perché fa riflettere, sorridere, talvolta commuovere… e ricorda che ci si può sempre reinventare, anche dopo il peggior stravolgimento esistenziale.

Il sito ufficiale della scrittrice è www.alessandraappiano.it e la sua e.mail info@alessandraappiano.it 

Alessandra Appiano è una scrittrice, giornalista e autrice televisiva. Con il suo primo romanzo "Amiche di salvataggio" (Sperling&Kupfer) è arrivato il successo di pubblico e la vittoria del premio Bancarella 2003.
Nel 2004, 2005, 2006, 2007,  sono usciti "
Domani ti perdono" , "Scegli me" "Le vie delle signore sono infinite", "Le belle e le bestie" (Sperling & Kupfer), altri quattro bestseller che descrivono con ironia e partecipazione l'universo femminile nostro tempo. I suoi romanzi sono stati tradotti in Francia, Germania, Portogallo, Russia, Polonia, Lituania e Spagna. Ha pubblicato inoltre per la Mondadori i libri umoristici "La vita è mia e me la rovino io" (1992); "Sola?" (1993); "Più malsani più brutti" (1995). Ha partecipato alle antologie "Cuori di pietra" (2007), "Facce di Bronzo" (2008) e "Corpi"(2009). Collabora con varie testate giornalistiche (Ladies, Diva e Donna) e cura su Donna Moderna la rubrica "Amiche di salvataggio". In passato autrice e conduttrice di numerose trasmissioni televisive (tra cui "Il trucco c'è" e "Passaparola"), è spesso invitata nei talk show della tv ("Verdetto finale", "La vita in diretta", "Uno mattina", "Porta a Porta";) e della radio in veste di opinionista e commentatrice di costume. Nel 2010 è uscito "Il cerchio degli amori sospesi"(Garzanti) attualmente in vendita nell’edizione economica Elefanti Bestseller. Il 19 settembre 2013 è arrivato in libreria “Solo un uomo” (Garzanti)
Il 7 dicembre è stata insignita dal
Comune di Milano della massima benemerenza, l'Ambrogino d'oro.

Intervista

Com’è nata l’idea di scrivere il libro “Solo un uomo”?

Ogni mio romanzo nasce da un’idea forte, che scalpita per venire alla luce. Qui c’è una donna, Camilla, che apparentemente ha avuto tutto dalla vita ma che arriva a un punto morto, a un senso di saturazione…Come se dopo aver mangiato l’antipasto, il primo e il secondo, non ci fosse posto per il dolce. Volevo raccontare di una crisi profonda, ma anche di una rinascita, perché non amo il pessimismo tout court. 

Un titolo curioso. Perché “Solo un uomo”?

Perché il romanzo ha tanti piani di lettura… Da un lato “solo un uomo” in senso romantico. Da un lato “solo un uomo” in senso relativo-ironico, del tipo “vabbè è solo un uomo, che sarà mai se mi ha lasciato?”.

Che cosa racconta il tuo romanzo?

I romanzi si debbono leggere, guai a raccontarli. Diventano di una noia mortale. Posso solo dire che a un certo punto Camilla sparisce, e la sua grande amica Alice inizia un’indagine sentimentale che parte dal racconto degli uomini che l’hanno amata…E che porterà a molte sorprese.

C'è qualcosa di autobiografico in questo tuo libro?

Come dice Almodovar “tutto quello che non è autobiografia è plagio”…Sicuramente Camilla mi assomiglia un po’, ma ci sono lati miei anche in Alice e Ornella, due donne diversissime da me.

Nel libro affronti qualche tema in particolare?

Si spera che in  un romanzo ci siano più temi, più piani di lettura: qui i personaggi sono tanti, maschili e femminili. Il tema dell’amicizia femminile è come sempre molto importante (Amiche di salvataggio è stato il mio bestseller), però non volevo che questa amicizia diventasse un patto di solidarietà tra donne contro gli uomini. Infatti i personaggi maschili sono nel complesso positivi. Alice nella sua ricerca sentimentale si troverà di fronte a fatti inaspettati, sorprese continue. Che riguardano non solo Camilla, ma l’amore in generale.

Nel tuo romanzo c’è un messaggio?

Non mi piacciono i messaggi dichiarati, ma sicuramente questa storia, senza nascondere le difficoltà della vita e i fraintendimenti dell’amore, porta alla speranza, perché alla fine tutti i personaggi, in un modo o nell’altro si riscattano, e superano la loro crisi con forza e fantasia.

Un motivo per cui uno deve leggere il tuo libro?

Perché è terapeutico, come spesso mi dicono le mie lettrici. Fa pensare, ridere (o meglio sorridere), talvolta commuove… e ricorda che ci si può sempre reinventare, anche dopo il peggior stravolgimento esistenziale.

Ti piacerebbe dare un seguito a questo libro? O hai altri progetti?

Non amo particolarmente i sequel, anche nelle fiction e nei film. Credo che un autore abbia il dovere di proporre sempre una storia sentita, vera. Quindi in qualche modo nuova. Amiche di salvataggio è stato il mio romanzo di maggiore successo ma non ho mai pensato di scrivere Amiche di salvataggio 2…Sì,  ho già in testa una storia nuova, una specie di favola moderna, con cui immettere un po’ di luce in questi tempi troppo grigi. Ho già in mente il titolo: Rinata felice.

Da ragazzina sognavi di fare lo scrittore o di fare tutt’altro?

A quattordici anni mi vedevo insegnante di lettere e scrittrice; a diciotto ho iniziato a lavorare nel mondo dello spettacolo, insomma mi sono distratta un po’…ma quando hai una via tracciata (nel tuo destino, nel tuo talento), prima o poi, anche dopo giri imprevedibili, torni a percorrerla…

Dove trovi i spunti per la scrittura?

Gli spunti per la scrittura sono infiniti: dal cinema (che adoro, andrei tutti i giorni);  alla lettura dei classici e dei contemporanei (in casa mia i libri tracimano ovunque, leggere è indispensabile se si vuole scrivere); alla vita quotidiana che è una miniera di sorprese (non tutte belle purtroppo), comicità involontaria, filosofia sulla propria pelle. E poi le persone che sono sempre da scoprire, spesso da rivalutare. Nel complesso credo che l’ottimismo sia più fecondo del cinismo.

Scrivere è faticoso?

Scrivere è un lavoro solitario, a volte frustrante. Ci si chiede se quello che si ha da dire sarà capito, se interesserà qualcuno o meno…talvolta se ha ancora senso scrivere, in un mondo in cui non esiste più pubblico, e tutti sono protagonisti.

Ti ispiri a qualche modello di scrittore?

Adoro gli scrittori americani: Philip Roth,  Don De Lillo, Elisabeth  Straut, Joyce Carol Oates, Saul Bellow, Jonathan Franzen. Ma ho amato tantissimo anche Kundera.  Non direi che sono modelli a cui mi ispiro, sono una vera e propria fan, sono i miei miti contemporanei (se mi metto a parlare dei classici facciamo notte…)

L’ironia è necessaria in un romanzo? 

Io nasco come umorista, e penso che un fondo di l’ironia ci sia in tutte le grandi opere. Anche Manzoni descriveva con ironia il suo cuor di coniglio Don Abbondio.

Per uno che scrive, quando arriva l’ispirazione?

Io macino un’idea per mesi, poi arriva il momento (il più faticoso) di iniziare a scrivere. Direi che è lo stesso procedimento dello scultore: si parte dalla materia grezza per arrivare (con pazienza sudore e lacrime) alla creazione di un racconto strutturato, si spera con una trama coinvolgente e dei personaggi credibili (meglio ancora, indimenticabili). 

La più gran soddisfazione come scrittore?

Quando la creatura viene alla luce, proprio come un figlio amatissimo. Ma è molto importante anche il successo di pubblico: negarlo sarebbe  ipocrita.

Cosa serve per catturare nuovi lettori?

Purtroppo in Italia si è sempre letto poco, e oggi si legge ancor meno…Ci vorrebbe una seria politica culturale da cui siamo lontani anni luce…

Scrivere ti ha migliorato il percorso di vita?

Non potrei vivere senza scrivere, quindi la scrittura ha dato senso alla mia vita. Difficile però sostenere che la scrittura migliori la vita…se si vedono le biografie dei grandi scrittori sembrerebbe l’esatto contrario.

Hai vinto il premio Bancarella 2003 (con il primo romanzo) e l’anno scorso ti è stato assegnato l'Ambrogino d'oro. Ha chi hai dedicato questi premi, questi riconoscimenti?

Il primo alla voglia di non mollare. Amiche di salvataggio era stato rifiutato da molti editori ed è diventato un bestseller. Il secondo al bisogno di fare qualcosa per gli altri. Non esiste alcuna felicità se non è condivisa. L’Ambrogino è arrivato anche grazie al mio impegno nel volontariato, e spero mi serva come sprone per cercare sempre di dare una mano a chi è messo nell’angolo dalla vita.

Quando sei venuta a Roma la prima volta e come ricordi l’impatto?

Il primo impatto con Roma è  stato travolgente, un tantino estraniante, entusiasmante. Le stesse sensazioni che ti dà un grande amore improvviso, una grande passione. Però, Catullo insegna, con Roma ho sempre avuto anche un rapporto di odio amore. Ogni volta mi innamoro e ogni volta mi delude. Da giovane mi sono presa una cotta formidabile per Roma, con la sua bellezza e la sua luce calda, ma poi le proposte vere di lavoro sono arrivate da Milano.

C’è una zona di Roma a cui sei legata? Se si, perché?

Amo il quartiere di Prati: con i suoi palazzi umbertini mi ricorda Torino, e il mio periodo universitario (sono nata ad Asti).

Tradiresti Milano per stabilirti a Roma?

Io a Roma vengo spesso, quando sono invitata in qualche programma tv. Ma la amo come città di vacanza, e nel complesso trovo più vivibile Milano.

Cosa ti piace di Roma e viceversa?

Roma è indiscutibilmente bella, forse una delle più belle città del mondo, e Sorrentino ha saputo raccontare molto bene questo stordimento che ti prende al cospetto di certi scorci, di certi angoli, di certi panorami.  Ma è anche molto stancante, caotica, il traffico ingestibile, i mezzi di trasporto inesistenti…e poi aleggia un cinismo di fondo che non mi assomiglia. 

Come trovi i romani (pregi e difetti)?

Generalizzare non ha mai senso, ci sono persone stupende ovunque. Nel complesso però trovo un luogo comune la cosiddetta apertura dei romani in contrapposizione alla chiusura dei milanesi. Se un milanese ti dice “ci vediamo” è sicuro, se lo dice un romano è un’ipotesi astratta. 

Se tu avessi la bacchetta magica, cosa faresti per migliorare Roma?

La vedrei pulita, efficiente come Berlino ma con la brezza ponentina, con i musei sempre aperti e il suo immenso patrimonio artistico sfruttato al meglio.

Un problema della Capitale che ti dà molto fastidio (a parte il traffico)?

Il traffico, il caos,  il rumore è il problema numero uno della capitale. Seguito subito dopo dalla sporcizia. E dalla incapacità di sfruttare appieno il suo patrimonio artistico…ma avevo già risolto tutto con la bacchetta magica che mi avevi donato!

Ti piace la cucina capitolina? Trattoria preferita?

Sono una buona forchetta e mi piace la cucina capitolina, anche se per i miei gusti è leggermente pesante…Non la definirei trattoria, ma secondo me Enzo, nel quartiere Prati, è il miglior ristorante di pesce d’Italia, con un ottimo rapporto qualità prezzo. Spero proprio che uno dei figli si decida ad aprire anche un ristorante a Milano…