Beatrice Fazi (attrice)       Roma 14.7.2015

                 Intervista di Gianfranco Gramola

Una brava attrice, semplice, frizzante e solare, che in questa intervista racconta le soddisfazioni della sua carriera artistica e anche del suo libro riguardante il suo avvicinamento a Dio e spiega com’è nata la passione per la recitazione e il suo grande amore per la Città Eterna

 

Per contatti la sua pagina facebook è https://www.facebook.com/pages/Beatrice-Fazi/107013468953?fref=ts

Beatrice Fazi è nata a Salerno il 27 luglio del 1972. Ha iniziato a lavorare in teatro nel 1992, recitando nel Signor G. ovvero Il vecchio e il gatto di M. Greco. Nel 1996 partecipa alla minifiction di Rai 3, In fuga, regia di M. Puccioni, e recita in Casamatta vendesi di Antonio Orlando. Nel 1997 è nel cast del film Cosa c'entra l'amore, diretto da Marco Speroni. Inoltre partecipa al programma in onda su Rai Due, Macao, regia di Gianni Boncompagni. Il vero debutto televisivo però è nella trasmissione di Rai Tre, Avanzi, a cui fa seguito, sempre sulla stessa rete, La piscina, con Alba Parietti. Nel 2006 partecipa a Suonare Stella, varietà diretto da Gian Carlo Nicotra, interpretando la filippina Corazon. Nel 2007 diventa popolare grazie al ruolo di Carmela 'Melina' Catapano, interpretato nella quinta stagione della serie tv di Rai Uno Un medico in famiglia. Nello stesso anno recita nella commedia Addio al nubilato di Francesco Apolloni, regia di Enrico Maria Lamanna, con Elda Alvigini,  Mimosa Campironi, Veronica Logan e Maddalena Nicosia. Viene riconfermata a Un medico in famiglia anche nella sesta, settima e ottava stagione. Da gennaio 2012 è nel cast della serie TV Il restauratore su Rai 1.

Teatro

2014 Vattene amore - 2013 “L’ Archivio”- 2013 “Ti posso spiegare” - 2012 “Vattene Amore” - 2012 “Gli uomini preferiscono le TONTE" - 2011 “4 strane donne e 1 capodanno" - 2008 “Ago e Bianca e…” 2007 “Tutta per tre” - 2007 “Addio al nubilato” 2005-06 “Uno e basta” - 2005 “Doppiacoppia” - 2004 “Bambini” - 2002 “Sax session” - 2001 “Todo por Pedro” - 2000 “ Il dramma della gelosia” - 2000 “Ypokritài-Attori” - 1998-99 “La verità - 1998-99 “Il sesso di colpa” - 1997 “Casamatta vendesi” - 1996 “Ritratti su palloncino” - 1996 “La commedia degli errori” - 1996 “Karmacoma” - 1995 “Ragazze al muro”.

Filmografia

Cosa c’entra con l’amore (1997) - Lui e lei Serie TV (1998-1999) - Giorni dispari  (2000) - La verità vi prego sull'amore (2001) -  Quartetto (2001) - Io ti voglio bene assai - Cortometraggio (2006) - Un medico in famiglia - Serie TV - Rai Uno (2007-2013) -  Immacolata - Cortometraggio (2008) - Il restauratore - Serie TV - Rai 1 (2012-in corso).

Bibliografia

Beatrice Fazi: Un cuore nuovo. Dal male di vivere alla gioia della fede, Edizioni Piemme, 2015

Ha detto:

- Sono stata sempre una persona che ha cercato risposte, avevo tante domande dentro di me, scaturite dal contrasto di ciò che tenevo dentro e anche di ciò che aveva nutrito il mio spirito attraverso l’arte, la letteratura, la musica e i sogni che tutti coltiviamo. Invece la realtà era mediocre ed un po’ menzognera.

- Salerno per me è i ricordi dell’adolescenza. L’odore dell’acqua salata, e il vento sul lungomare, le corse in motorino, l’atmosfera particolare dei locali del centro storico con i primi concerti dal vivo, la strada dove abitavo da piccola: via Luigi Guercio, gli anni al Liceo Scientifico Severi, lo struscio su via del Corso davanti al Burger King.

- Mi piacerebbe di nuovo lavorare in teatro con Paolo Calabresi, il mio partner ne “Il Restauratore”, perché trovo che sia un attore straordinario, un uomo retto, un padre di famiglia, un uomo pieno di qualità, lo ammiro, lo stimo tantissimo.

- La mia maestra alle elementari, Ida Mauro, mi faceva recitare poesie o suonare la pianola. Il primo personaggio che ho interpretato è stato quello di Giulietta, alle scuole medie.

- Ho sicuramente un aiuto fondamentale in mio marito, che è il mio appoggio totale in tutto quello che faccio, supplisce alle mie mancanze, mi aiuta, spesso mi fa anche da taxi quando mi devo muovere da una parte all’altra, diciamo che ci siamo divisi i compiti.

Curiosità

- Si è candidata nell'aprile 2013 nella lista "Cittadini X Roma", capitanata dall'allora assessore alla famiglia, all'educazione e ai giovani, Gianluigi De Palo, e vicina al sindaco Alemanno. A seguito delle polemiche suscitate dalla propria candidatura, in contemporanea, peraltro, con la messa in onda della serie Un medico in famiglia 8 su Rai 1, in prima serata, si è ritirata dalla competizione comunale.

- È sposata con l’avvocato Pierpaolo Platania e hanno tre figli; Maria Lucia, Fabio, Giovanni e Maddalena.

- Il fratello Leo a Salerno è proprietario del ristorante “La Volpe e l’uva”.

Intervista

Come ti sei avvicinata alla recitazione?

Io ho capito che volevo fare l’attrice a 3 anni, stando a quello che mi racconta mia madre, perché fui folgorata da uno sceneggiato che si intitolava “L’amara storia della baronessa di Carini”. Andò in onda la prima volta nel 1975, su Rai1 e come interpreti c’erano Adolfo Celi, Ugo Pagliai, Janet Agren e Enrica Bonaccorti e c’era la scena madre di questa baronessa che chiedeva in un siculo stretto al padre: “Signuri patri, chi vinisti a fare?”. E il padre, Adolfo Celi, minaccioso: “Signora figghia, vi vegnu a mmazzari”. E io recitavo questa scena continuamente e mia madre mi racconta che i parenti mi davano dei soldini. Da quell’episodio in poi sono stata una bambina sempre molto attratta dal teatro. Vedevamo in televisione il teatro di Eduardo, a scuola facevo sempre delle piccole parti nelle recite e ho sempre avuto questa inclinazione. A 14 anni ho partecipato ad una leva teatrale della mia città, al teatro San Genesio e da lì ho iniziato a studiare con dei ragazzi che venivano dall’Accademia che da Salerno si erano trasferiti a Roma e tornavano periodicamente e ci riportavano quello che imparavano nell’Accademia Silvio D’Amico, con il metodo mimico di Orazio Costa e dopo un po’, verso i 18 anni, mi sono trasferita anch’io a Roma e ho tentato l’Accademia, ma non fui presa, però vinsi nello stesso tempo una borsa di studio in una scuola che si chiamava “Scaletta”, diretta da un maestro che era l’assistente di Orazio Costa e gran parte di docenti facevano parte della classe docente dell’Accademia … c’erano Pino Manzari, Mirella Bordone, Carlo Merlo e altri.  Dalì ho iniziato a studiare, ma non mi sono mai diplomata perché ho iniziato subito a lavorare, prima come cameriera per mantenermi gli studi, e poi in teatro per fare esperienza sul campo. Diciamo che ho iniziato a coltivare il talento in modo quasi artigianale su me stessa, affinando un po’ più la tecnica con la pratica.

L'incontro di Beatrice Fazi e il marito Pierpaolo Platania con Papa Ratzinger

Il mondo dello spettacolo era come te lo immaginavi o ti ha delusa?

Le delusioni sono conseguenti alle illusioni, sempre. Devo dire di essere stata delusa più che altro dalle aspettative che avevo. A volte mi è sembrato facile ottenere delle cose, altre volte in maniera estremamente difficile. E’ una relazione con alti e bassi, che a periodi è andata un po’ meglio e altri periodo è andata male. A volte ho sperato  tanto in cose che non si sono mai avverate e altre volte ho avuto delle sorprese, delle  gratificazioni inaspettate. Non è un rapporto costante. Sono stata delusa gran parte del tempo più che altro perché forse avrei voluto fare  un poì più di cinema. Mi è sembrato difficile entrare in certi luoghi, in certi ambienti abbastanza chiusi, soprattutto come quello cinematografico. Difatti non mi aspettavo di fare una fiction con un ruolo scritto proprio per me, dopo che i produttori di “Un medico in famiglia” mi videro a teatro. Anche questo è stato un miracolo, è stata una cosa che non mi sarei mai aspettata, dopo aver tanto sperato e dopo aver fatto tanti provini.  In questo lavoro sono più le volte in cui ti imbatti nei “no” che in  vieni presa in un provino e ti dicono “si”. E quella è anche una delusione perché poi ti senti delusa per te stessa. Infatti io sono andata in crisi più volte in questo lavoro, crisi profonde che mi hanno portata ad avere anche una crisi esistenziale che è quella che poi mi ha portata al grande cambiamento della mia vita, la conversione, quella che ho scritto anche nel mio libro.

Hai un sogno artistico?

Ti dico la verità, ho smesso di averne, perché adesso con la maturità di una mamma, di 43 anni, con 4 figli, sposa felice, appagata nella vita, forse là dove la vera esperienza nella vita viene giocata, cioè nelle relazioni, nei sentimenti, nell’affettività, nella famiglia, il lavoro assume proprio dei contorni tutt’altro che prioritari. Adesso il mio lavoro è uno strumento, è importante si, ma non mi aspetto più che mi dia quella realizzazione che desideravo. Non mi da più valore a seconda del lavoro che riesco a fare, mentre prima ho attraversato dei periodi in cui definivo me stessa e davo valore a me stessa a seconda del ruolo che riuscivo a coprire in una produzione o in una scrittura che mi avevano fatto. Per me il lavoro adesso è proprio una cosa incidentale se non accidentale, nella mia vita non è più prioritario, è marginale. Sono felice di poterlo vivere come servizio, perché adesso ho cambiato prospettiva. Ho un altro equilibrio e altre prospettive della vita. Sicuramente sono contenta di lavorare, perché mi da una certa notorietà, che mi serve soprattutto in questo momento, per quella che è diventata la mia urgenza principale che è l’evangelizzazione. Preferisco definirmi che sono una catechista, piuttosto che un’attrice.

Parliamo del tuo libro. Perché hai voluto mettere nero su bianco la tua conversione?  E’ stata una esigenza?

Mi è stato richiesto, anche se non è nemmeno una conversione recente, perché sono da 15 anni che mi sono convertita. Ho fatto un percorso molto bello, autentico e molto profondo, che mi ha donato una serenità, un equilibrio e ha illuminato la mia vita e siccome faccio questo lavoro particolare desta curiosità, perché sembra che non sia possibile vivere il Vangelo se fai l’attrice.  Invece non è così. Sono riuscita invece a coniugare i tempi di lavoro con quelli della famiglia, con quelli dell’attività di evangelizzazione  e questa cosa è sembrata interessante a qualcuno che mi ha chiesto per favore di mettere nei dettagli quello che, da diverso tempo, andavo raccontando in giro, invitata a parlare con i giovani, ai corsi di fidanzati, di divorziati, di separati, proprio perché la mia storia trasversalmente è stata illuminata dall’intervento della Parola di Dio in molti fatti che riguardano il lavoro, la maternità, il matrimonio, perché mio marito era già stato sposato e dunque io ho dovuto aspettare il riconoscimento di nullità e sono stata 7 anni senza prendere la Comunione. Ho vissuto un fidanzamento casto. Ho avuto delle esperienze molto belle, dei cambiamenti di rotta proprio definitivi, molto evidenti, che hanno destato curiosità. E allora mi è stato chiesto di raccontare  nei dettagli ciò, perché quando vai a parlare con le persone non hai il tempo sufficiente di raccontare bene tutto quello che è accaduto, far capire chi sei, da dove vieni. Così per raccontarla bene l’esigenza è stata quella di essere il più veritiera e più sincera possibile e sono andata proprio a mettermi a nudo, senza paura. E’ stato anche liberatorio perché poi comunque racconto delle ferite, dei dolori che tutti noi abbiamo, perché nessuno è esente dall’aver sofferto nella vita, anche per cose apparentemente banali per altri, però ciascuno poi vive in sé stesso i propri dolori e sono commisurati a quella che è la tua sensibilità. Le mie cose hanno fatto male a me e tirarle fuori ha significato dare loro un contorno più definito e più ridotto rispetto a quando una cosa te la tieni nel buio del cuore, nelle pieghe dell’anima. Diventa proprio come un mostro se tu lo lasci lì dentro e non lo racconti . Invece ho capito che è sempre capace di farti male, di addentarti ogni volta che ci ritorni sopra. Invece stanandole, tirandole fuori, mettendole anche a disposizione di altri, le annienti, le riduci a quello che sono e non hanno più potere su di te. Per questo libro ringrazio chi mi ha chiesto di farlo perché mi ha aiutata e ulteriormente mi ha fatta evolvere e poi ora vedo che  messo a servizio degli altri si sta rivelando utile anche per altre persone, perché io racconto di un aborto praticato a 20 anni, di cui non ho avuto il coraggio di parlarne fino a pochissimo tempo fa. Mi scrivono in privato tantissime persone che hanno avuto la stessa esperienza. Anche uomini che hanno obbligato la loro fidanzata ad abortire. Sentire che io ho accolto il perdono per questa cosa e da lì sono ripartita e oggi ho la grazie di essere madre per la quarta volta, penso sia un messaggio di speranza per tante donne. La gente ha bisogno di speranza perché è tanto disperata e a volte si condanna più di quanto per esempio non faccia la Chiesa. Ci sono tante persone che sono arrabbiate con la Chiesa pensando che la Chiesa sia un’istituzione vuota, piena di regole. Invece io stessa mi sono sorpresa a trovare il perdono e la misericordia proprio nella Chiesa che avevo odiato e in quel Dio che avevo estromesso dalla mia vita. E vedo che questa cosa colpisce anche tanto che erano contro.  E’ bello quello che sta accadendo grazie a questo libro che ho scritto. Credo che sia stato qualcosa di non voluto proprio da me, ma che ora benedico e sono felice di averlo fatto.

Ti ho vista su Facebook in una foto insieme a Papa Ratzinger.Che emozioni hai provato in quell’incontro?

Una emozione grandissima, perché era la prima volta che testimoniavo la mia fede pubblicamente davanti a tantissime persone, con i tempi stretti televisivi e  rispondendo alle domande di Lorena Bianchetti.  E’ stata la prima volta in cui ho fatto veramente memoria del percorso che fino a lì avevo compiuto. Mi sono sentita innalzata da quell’evento, posta in una posizione di rilievo e grazie a quell’evento mi sono vista guardata dagli occhi del Papa, dal Vicario di Cristo e mi sono sentita finalmente amata. E’ stato forte l’impatto. Il Papa mi ha guardata, sono esistita, in quel momento, davanti ai suoi occhi ha conosciuto la mia storia, perché poi in quei pochi minuti in cui abbiamo parlato ho potuto ringraziarlo, perché in lui ringraziavo la Chiesa nella quale avevo incontrato Cristo e dunque per me la salvezza, il cambiamento, la conversione, la gioia. Perché da quando ho incontrato Cristo tutta la mia vita è cambiata in meglio. Non tornerei indietro e non vorrei la vita che avevo prima. L’incontro con il papa è stata una emozione unica e non gli ho fatto spiccicare una parola perché l’ho investito con un fiume di parole, con mille ringraziamenti, con entusiasmo, tenendogli la mano senza lasciargliela.  Vedevo il Cardinale a fianco preoccupatissimo, gli agenti della sicurezza che guardavano la mia mano che stringeva quella del Papa, mio marito imbarazzato. E’ stato un momento molto bello, da ricordare.

Beatrice Fazi con il marito Pierpaolo Platania il giorno del loro matrimonio

Di Papa Francesco cosa ne pensi?

Papa Francesco mi stupisce sempre. Mette in contraddizione me come tanti altri. All’inizio quando lui comincio a parlare proprio sulla posizione della comunione ai divorziati, quasi mi irritò. Io mi sento forte del mio percorso, mi ha fatto bene, però riflettere tanto sulle sue parole si rischia di diventare tutti dei moralisti. Invece lui cerca di evitare di scagliare pesi addosso agli altri. Lui ha veramente urgenza di incontrare i “lontani” e di creare ponti e non innalzare muri. Dunque mi piace quando ne parla, anche se molti lo tacciano di prestarsi troppo alle interpretazioni. E’ proprio questa la sua forza, perché come nelle parole del Vangelo, ti scruta, ti fa vedere cosa hai veramente nel cuore. Così quando lui parla, se tu ti arrabbi vuol dirti che devi cercare di capire il perché ti arrabbi. Per esempio quando parlava delle famiglie numerose, dei figli fatti come conigli, si arrabbiarono in molti. Lo criticarono sui giornali. Perché si arrabbiano? Se ti hai fatto tanti figli lo hai fatto per amore, perché è bello e va bene così. perché uno deve sminuire perché il Papa ha detto una frase del genere? Uno non fa i figli perché qualcuno glielo sta dicendo di farli. Molti usano le sue parole per criticarlo. L’altro giorno una mia amica mi ha detto: “ Hai sentito che ha detto il tuo Papa? Bastano tre figli”. Non è vero, lui non ha detto questo, lui si presta alle interpretazioni, la le interpretazioni rivelano quello che tu hai nel cuore, ti mettono nella verità e questo è bene, perché bisogna togliersi le maschere. Purtroppo noi invece spesso ce le mettiamo. Mi piace perché quando mi interrogo su quello che dice il Papa, ho la possibilità di capire, di farmi delle domande su come la penso, dove sto andando, in cosa credo veramente e mi fa riflettere.

Leggendo la tua storia, il tuo percorso, mi vengono in mente Paolo Brosio e Claudia Koll. Anche loro hanno avuto una conversione fortissima. Ti sei mai confrontata con loro?  

Li conosco e penso che anche i loro percorsi siano autentici, poi ognuno ha la sua storia e la sua vita. Non è che li conosca così approfonditamente, mi è capitato di incontrarli, soprattutto Claudia, ma non abbiamo mai collaborato o fatto incontri o cose insieme. In realtà abbiamo avuto dei percorsi differenti. Penso sia sempre bello rendere pubblico quello che è accaduto nella propria vita e che si abbia il coraggio di raccontarlo. Si va incontro spesso a tantissime critiche e penso che le stesse cose possano succedere anche a me. Potrebbero pensare che questo mio libro sia un’operazione commerciale. Le critiche su Brosio e Claudia le ho sentite e le ho sentite anche su di me.  Però arriva un momento in cui è talmente tanta l’urgenza di testimoniare la verità che non mi preoccupo di quello che può pensare la gente.  Tanto noi nel nostro cuore lo sappiamo cosa ci è successo veramente. Se hai incontrato il Signore lo sai che poi tutto deve essere riconciliato in Lui, ricapitolato in Lui e quindi le chiacchiere lasciano il tempo che trovano.

Cambiamo argomento e parliamo di Roma. Tu sei arrivata nella Capitale a 18 anni. Come ricordi l’impatto?

Speravo di venire a viverci, quando a 13 anni, in gita gettai la monetina nella fontana di Trevi. Appena arrivata a Roma, a 18 anni, scendendo dal treno ho esultato ferendo per l’ennesima volta mia madre, alla quale già a 14 anni avevo chiesto di mandarmi qua a studiare da mia zia. Scendendo dal treno, a stazione Termini dissi. “Finalmente a casa”.  Avevo questa ansia di scappare da Salerno quand’ero piccola, perché Roma  è sempre stata il sogno della mia vita. A Roma avevo una zia,  che viveva e insegnava lettere, che era il mio mito, una zia non sposata, molto colta e io volevo sembrare come lei, indipendente come lei. Roma per me significava tutto questo, in più era il luogo ideale per chi aspirava a fare l’attrice come me, era il luogo dove approfondire l’arte, dove poter andare al cinema, alle mostre, a teatro, era una città viva, piena di cose da vedere e scoprire. Nel mio caso sono arrivata a Termini e sono andata a vivere  in una casa piccolissima, con altri studenti e ti scontri subito con lo sporco della stazione, le persone malintenzionate, la paura di stare da sola e quindi ho vissuto di Roma tutte le facce. Io poi ho cominciato a lavorare subito come cameriera e facevo tardi la notte e poi ho vissuto Roma anche quando ho fondato un locale con musica dal vivo. Quindi ho avuto la possibilità di incontrare musicisti, artisti che provenivano da tutto il mondo. Comunque ho eletto Roma la mia città e non vorrei abitare altrove. Però soffro a vederla amministrata male. Ieri ho preso la Metro con il pancione di 9 mesi per arrivare a Termini. Ho dovuto aspettare il treno successivo perché c’era un carnaio e c’erano degli zingari. Roma è una città meravigliosa ma ti fa soffrire, e quindi, come tutti quelli che ci abitano, vivo con Roma una sorte di amore-odio, a volte sentendomi ospite e a volte mi sento indegna di abitarci, anche  perché anch’io sono emigrante, perché provengo da un’altra città. Però ho sempre un grandissimo rispetto, un grandissimo amore per questa città e per me è la città più bella del mondo.

Quali sono state le tue abitazioni romane?

All’inizio ho vissuto a Via Marsala, poi in Via  Selci, in via Petrarca, in via Teulada, in Viale degli Ammiragli, a Piazza Dante, in Via Conte Verde poi a viale Libia. Sono stata anche a ponte Milvio e a via Guido Reni. Ho girato un sacco di posti perché all’inizio da studentessa ogni volta cercavo di stare un po’ meglio, cercavo di stare da sola però poi capivo che non me lo potevo permettere un appartamento tutto per me. Poi ho comprato una casa vicino a piazza Vittorio, a via Conte Verde, dove sono stata diversi anni, ma alla fine, quando aspettavo la prima figlia, sono venuta ad abitare nel quartiere Africano per stare più vicino a mio marito. Il quartiere Africano sta tra via Nomentana e via Salaria. Sono stata in diverse case, un po’ zingara anche per necessità economiche proprio perché non avevo una stabilità economica. Quindi andavo da una parte all’altra, dove trovavo mi andava bene. Adesso sono in questo bel quartiere che è molto ben servito.

C’è un angolo di Roma a cui sei particolarmente affezionata?

Sinceramente no. Di Roma mi piace tanto scoprire i posti che ancora non conosco. Ponte Milvio è il luogo dove ho incontrato Pier paolo, mio marito, quindi è più un ricordo affettivo ed  è un posto dove facciamo i catechisti. Diciamo che è un angolo di Roma che quando ci torno mi vengono i lacrimoni, il magone. E’ una zona dove ho vissuto, sia quando facevo la cameriera al bar della Pace, dietro piazza Navona, che poi dopo aver aperto il locale che era al vicolo del Fico 3. Lì in via del Fico s’è sviluppata gran parte della mia storia ed è dove abbiamo fondato il locale, che è dietro la Chiesa Nuova, dove sono sepolte le spoglie di San Filippo Neri. In quella zona, tra via del Governo Vecchio, via di Tor Millina, piazza Navona. Quella parte di Roma è sicuramente quella che più sento come casa, perché c’ho passato ore, notti, albe … In quel posto c’è passato il mondo perché era proprio il centro, il cuore pulsante. Entrare lì significava esserci, voleva dire di vivere Roma veramente. Era bello. Poi anche quella parte di Roma è andata via con una parte della mia vita e adesso a seconda dei sentimenti, ogni luogo ha la sua importanza. L’uomo della mia vita l’ho conosciuto lì, a ponte Milvio, al Bistrot del Politecnico. Lui mi veniva a prendere con la moto … il primo bacio al cancello, poi quella chiesa dove adesso siamo catechisti entrambi. E’ il posto dove abbiamo festeggiato il matrimonio. Poi penso che non bisogna essere troppo attaccati ai luoghi.

Hai visto il film “La grande bellezza”? Cosa ne pensi?

Quella è la Roma di quella casta, è la Roma che anch’io ho visto quando facevo parte di quel giro. Però non è la Roma per tutti o di tutti. E’ bella, però non so se poi è la bellezza da desiderare veramente. E’ una bellezza quasi sempre irraggiungibile, una bellezza ideale … Quel film mi ha lasciato un sacco di interrogativi. Comunque è bello, un bel film. Però bellezza e costume non è per forza felicità, invece io cerco un’altra bellezza, che sia una bellezza autentica. Per me se non c’è quella coerenza, c’è qualcosa che non va.

Per un artista, Roma cosa rappresenta?

Rappresenta una possibilità, perché se qualcosa può accadere, certamente devi prima provare che accada qui, a Roma. Poi per certi, può succedere che accada altrove. Io penso che Roma sia l’ombelico del mondo, per tanti versi, soprattutto per un artista che viene dalla provincia. Magari per un romano Roma è zero e deve andare a Los Angeles. Però io ho visto venire a Roma, spesso e volentieri, anche produttori americani, personaggi internazionali. Per me comunque Roma è Roma, Caput Mundi.

Se tu fossi sindaco di Roma, cosa faresti?

Farei una politica a favore delle famiglie (risata) adesso che sono madre. Permetterei a Roma di essere più vivibile per le famiglie, perché è vero che Roma è bella, gli artisti,  i monumenti e tutto quello che ti pare, però a Roma ci sono pure delle persone reali, in carne e ossa, delle persone che sono il nostro futuro. Non possiamo sempre stare a pensare solo alle cose ideali, ci vuole anche un po’ di concretezza. Penso che aiutando le famiglie, aiuti tutti, perché nella famiglia è compreso l’adulto, il bambino e l’anziano.

Cosa ti manca di Roma quando sei via per lavoro?

Casa mia (una risata). Mi manca il paesaggio. A volte mi arrabbio con questi problemi delle ZTL (Zone Traffico Limitato) perché alla fine se non devi espressamente per qualche motivo andare in centro, vivi la tua vita di criceto nel tuo quartiere. Questo sempre con lo stesso paesaggio, le stesse architetture … Quando invece alle 18 si apre il varco e vai in centro e cominci a camminare, a vedere i palazzi, i luoghi, il lungotevere che si tingono  al tramonto, scopri proprio che è bello camminare a piedi, scoprire delle cose nuove, che qui non mancano, perché è una città che ha qualcosa di magico, di particolare. Ad esempio sono felicissima di partorire la mia bambina all’isola Tiberina. Gli altri tre figli li ho partoriti sulla Cassia, invece stavolta  andrò all’ospedale “Fatebenefratelli” e adesso quando vado a fare monitoraggio in centro, mi prendo sempre del tempo in più. L’altro giorno ad esempio, con mio marito, abbiamo pranzato in un bistrot che è lì sull’isola Tiburtina  e c’era il lungotevere tutto acchittato per la sera, e intuisci che lì fino a tarda notte c’è stata musica, gente che ballava, che guardava i film nell’arena, all’aperto. E di giorno l’Isola Tiberina si trasforma e vedi infermieri, la gente che va a fare le visite all’ospedale. Però tutto in armonia, un ciclo continuo di vita che pulsa e che ti promette qualcosa di bello. A Roma c’è un’atmosfera dove davvero la bellezza la puoi cogliere, la puoi valorizzare. Per quello è triste quando vedo il degrado, vedo che non ci si prende cura abbastanza di tutto questo patrimonio che abbiamo.