Michela Andreozzi (attrice)              Roma 23.7.2015  

                        Intervista di Gianfranco Gramola

Un'attrice romana, brava, simpatica, allegra e spiritosa capace di recitare in qualsiasi ruolo. Un suo sogno? Lavorare con Paolo Virzì, perché riesce a tirar fuori dagli attori sfumature ed emozioni eccezionali

Michela Andreozzi è nata a Roma il 4 luglio del 1969. Mentre perfeziona gli studi di recitazione, si laurea in Lettere e Filosofia e prosegue poi gli studi con il Diploma in Sceneggiatura Tv della Scuola Holden di Torino. Giovanissima inizia a lavorare in televisione per Gianni Boncompagni nelle redazioni dei varietà Domenica In (Rai 1) e Non è la RAI (su Canale5), dove partecipa alla messa in onda e presta la voce a molte delle ragazze del cast, incidendo molte delle canzoni poi eseguite in playback, inserite nelle compilation del programma. Nel 1996, con Francesca Zanni crea il duo comico Gretel & Gretel, che partecipa anche a numerose trasmissioni televisive tra cui La posta del cuore, Zelig - Facciamo cabaret (Italia1) e Quelli che il calcio (Rai 2). Conducono anche due edizioni del fortunato show Bigodini (Italia1), nonché diversi programmi radiofonici, tra cui il divertente WWW punto G (Rds), per poi separarsi nel 2002. La Andreozzi prosegue così da sola il suo percorso come attrice comica partecipando a trasmissioni televisive come Assolo (La7), Due sul divano (La 7), Suonare Stella (Rai2). In radio, partecipa a numerosi programmi su Radio2, fino a che nel Giugno 2009 debutta con il suo Brave ragazze, un magazine quotidiano scritto e condotto in coppia con Federica Gentile, in onda fino alla primavera del 2012. Come attrice la Andreozzi è apparsa in Un posto al sole (Rai3), Don Matteo' (Rai1), Crociera Vianello (Canale5), Un amore di strega (Canale5), Terapia d'urgenza (Rai2), Il Commissario Manara (Rai2). I suoi primi ruoli da protagonista sono invece nei telefilm La squadra (Rai3), 7 Vite (Rai2), e le ultime tre edizioni di Distretto di polizia. Ha scritto e interpretato la sketchcom Ombrelloni (Rai2). Sempre in televisione, è stata la esilarante Presidentessa dell'Associazione Naturalmente Belle, una donna paralizzata dal botox, in diverse edizioni di Colorado Cafè (Italia1). Numerose le opere teatrali, prevalentemente commedie, in cui l'attrice è protagonista: dal Dramma della gelosia, per la regia di Gigi Proietti, a Nemici di casa con Max Tortora, da Cose di casa  di Paola Tiziana Cruciani a Maldamore di Angelo Longoni fino al fortunato Doppiacoppia, sempre con Max Tortora. I suoi ultimi lavori sono Forbici e Follia, per la regia di Marco Rampoldi, che ha debuttato al Festival di Borgio Verezzi, e Ring, di Leonore Confino, per la regia di Massimiliano Vado, anche protagonista maschile dello spettacolo, in cartellone al Festival di Todi. Dal 2010 la Andreozzi porta avanti dei progetti di "varietà per attore solo" che scrive e in cui interpreta tutti i personaggi: debutta con A Letto dopo Carosello, prosegue con Ti vuoi mettere con me? L'amore al Tempo delle Mele entrambi con la regia di Paola Tiziana Cruciani, e infine con la piece francese Maledetto Peter Pan con la regia di Massimiliano Vado. Come autrice di prosa scrive Rosaspina, Sesso chimico, La festa, Festival: testi che ricevono riconoscimenti nazionali, e firma a quattro mani con Luca Manzi la commedia Diversamente Giovani. Come regista firma 5 spettacoli. Al cinema, dopo aver partecipato ad alcuni cortometraggi indipendenti, è Lucia, la moglie di Rocco Papaleo nel suo film di esordio, Basilicata Coast to Coast, e fa parte poi del cast di Nessuno mi può giudicare di Massimiliano Bruno, Com'è bello far l'amore di Fausto Brizzi, Finalmente la felicità di Leonardo Pieraccioni, Stai lontana da me di Alessio Maria Federici, Fuga di cervelli di Paolo Ruffini, Tutta colpa di Freud di Paolo Genovese, Ti sposo ma non troppo di Gabriele Pignotta, Fratelli Unici di Alessio Maria Federici, Torno indietro e cambio vita di Carlo Vanzina.  Collabora ai dialoghi di Pazze di me e Indovina chi viene a Natale? entrambi di Fausto Brizzi. Da un soggetto di Massimiliano Bruno e Manuela Tempesta sviluppa la sceneggiatura di Pane e burlesque, che interpreta poi nel ruolo di Teresa. Nel 2014 dirige il suo primo cortometraggio, Dietro Un Grande Uomo, scritto in collaborazione con Massimiliano Vado, che la vede protagonista accanto a Luca Argentero, Giorgia Wurth e Giorgia Cardaci, premiato al Cortinametraggio col premio di Raicinemachannel.it Lab. È nel cast della 4ª edizione del Tale e Quale Show, su Rai1. Nel 2015 è tra gli sceneggiatori di Tutte lo vogliono per la regia di Alessio Maria Federici, con Enrico Brignano e Vanessa Incontrada.

Ha detto:

- Penso che in questo momento e in questo Paese tutti dovremmo cercare di riottenere la qualità della vita. Tutti, per poter condurre un’esistenza dignitosa, dobbiamo fare tantissime cose perché quello dell’attore, come tutti gli altri mestieri, è un lavoro che oggi c’è ma domani potrebbe non esserci più.

- Sono molto arrabbiata per la situazione politica attuale in Italia. Negli anni ’70 fare politica era un dovere, come per un cristiano andare a Messa alla domenica. Ora è un qualunquismo.

- Sono super ironica. Una bella attitudine che ti salva la vita ma, per esempio, con gli uomini non aiuta. Detto tra noi, gli uomini detestano le donne troppo spiritose.

- Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, due mostri sacri, da ammirare non solo dal punto di vista lavorativo ma anche personale. “Quando ho lavorato con loro avevano già una certa età” ricorda Michela, “ma erano dei grandissimi e facevano una grande tenerezza. Sandra cercava sempre Raimondo, lo chiamava 'Momi' e non faceva un passo senza di lui”.

- Sono molto legata alla mia famiglia d’origine e passo parecchio tempo con loro. Sono molto zia e presente nella vita delle mie nipoti. Sono “mammosa”.

Curiosità

- Nel 2014 riceve il Marforio D'Oro e il Premio Afrodite per la commedia.

Intervista

Come ti sei avvicinata al mondo dello spettacolo? So che hai lavorato molto dietro le quinte…

Ho sempre studiato teatro anche quando ero bambina a scuola, per cui ero piccolissima. Avevo 8 anni la prima volta che ho fatto delle recite e della danza. Poi da grande lavoravo dietro le quinte perché non ero sicura di essere all’altezza di fare questo lavoro. Mi piaceva, ma ero molto insicura.

E il debutto in pubblico quand’è avvenuto?

Avevo 10 anni. Era in una commedia di Achille Campanile, a scuola, che si chiamava “Il processo” e facevo l’avvocato.

Ma il debutto da grande, ossia il debutto serio?

La prima cosa che ho fatto da grande è stata con Lucia Poli, ad un saggio finale copn una scuola che ho seguito con lei e abbiamo fatto: “Il bar sotto il mare”, di Stefano Benni.

Hai mai pensato ad un nome d’arte?

Perché? Penso di avere un bel nome, inoltre è il mio (risata).

La tua più grande soddisfazione artistica?

Il fatto di riuscire a fare tutto quello che mi piace, nel senso di inventarmi il lavoro ogni momento, perché all’inizio della carriera mi chiedevano: “Ma che vuoi fare? Vuoi fare l’attrice? Vuoi fare la comica? Vuoi fare la radio o la Tv? Devi prendere una decisione”. E ho sempre risposto che io ero così, una persona curiosa, una persona che si annoia facilmente e che ha bisogno di cambiare, che ha bisogno di misurarsi con qualcosa di diverso e che ha bisogno di stimoli. Per cui la mia più grande soddisfazione è essere riuscita ad andare avanti pur non avendo  una sola specializzazione. Probabilmente adesso, fare tante cosa, in un momento critico come questo è anche una risorsa. Quello che prima era un limite, ora è diventato una risorsa. Quindi io invito la gente a misurarsi con tutto quello che ama. Però non so se so fare tutto bene … provo a fare tutto ciò che mi piace perché amo farlo. Poi il risultato è un’altra cosa.

Ma la popolarità crea più vantaggi o svantaggi?

Ma io non ho la popolarità della mia amica Alessia Marcuzzi, per cui non ho nessun tipo di problema a relazionarmi con le persone. Vado tranquillamente con i mezzi pubblici, mi capita anche che mi fermino per farmi un complimento o che mi indichino da lontano. Devo dire che in questo momento della mia vita, quella poca popolarità che ho, crea solo vantaggi. Sento che intorno a me c’è tantissimo affetto.

Una collega che stimi molto?

Una collega che stimo molto è Claudia Gerini. E’ la “numero uno”. E’ una collega ed è un’amica. Stiamo lavorando insieme a lei per il suo spettacolo che debutta a teatro. Sarà una cosa meravigliosa, anche perché lei è bravissima.

Ho letto che sei anche regista. Com’è nata l’idea del cortometraggio D.U.G.U.?

E’ nato da una storia vera, perché sono andata a parlare con un produttore teatrale di una commedia e ho chiamato un amico sceneggiatore chiedendogli se veniva con me, perché volevo spiegare questa commedia al produttore. Spiegarla contemporaneamente anche a lui per farmi aiutare poi a scrivere la storia. Questo è successo prima che incontrassi Massimiliano Vado (suo marito, ndr). E’ successo che questo produttore per tutto il tempo si è rivolto al mio accompagnatore e soltanto perché era un maschio, ma non sapeva niente di questo mio progetto teatrale. Poi mi è venuto in mente che noi donne siamo sempre indietro rispetto ai maschi. Abbiamo una marcia in più e una chance in meno. Questo è il nostro dramma. Perché se io vado da un produttore a parlare con u maschio accanto, sei sicura che lui pensa che il progetto sia nato dalla mente maschile. E’ una mentalità sbagliata.

I tuoi genitori che futuro sognavano per te?

Credo questo. Un futuro felice o comunque sereno.

Che lavoro fanno?

Sono avvocati. Mio fratello, che lavora insieme a mio padre, l’altro giorno mi diceva che sono diventati precari anche quelli del loro settore, perché il lavoro è molto tranquillo, gira meno contante, anche se si vince una causa, spesso non incassi, con la crisi c’é stato un blocco alla circolazione del denaro liquido e allora chi aveva un lavoro più stabile, tipo l’avvocato o il libero professionista, s’è trovato in una situazione di precariato, quanto meno mentale. Una volta mio fratello mi ha detto: “Ma tu come fai”. “Non lo so – gli ho risposto – Io sono precaria da 20 anni”. Vivo così, mangio, lavoro, vivo pensando anno per anno.

Hai un sogno artistico?

Vorrei lavorare con Paolo Virzì. Secondo me è il più bravo di tutti. Riesce a tirar fuori dagli attori sfumature, delle emozioni eccezionali. Ho visto degli attori che stimo molto, lavorare nei film di Virzì, e sono tutti esponenzialmente più bravi, rispetto ad altri lavori diretti da altri registi. Quindi vorrei vedere quanto sono brava in un film diretto da Paolo Virzì. Vorrei vedere fino a dove posso arrivare, perché Virzì fa fare delle cose veramente incredibili agli attori. Paolo Virzì ha una sensibilità unica.

Di cosa hai bisogno per essere felice, Michela?

Vado a percentuale. Per essere felice ho bisogno del 60 per cento di quello che desidero e del 40 per cento di non averlo, così continuo a desiderarlo. Ossia un po’ di quello che ho e un po’ di quello che non ho.

Il tuo rapporto con la fede?

Sono buddista, Gianfranco. Il mio rapporto con la fede è molto semplice. Per me ci sono persone che hanno fede e persone che non hanno fede. E fra quelli che non hanno fede ci metto anche quelli che non hanno fede nel genere umano, nel prossimo. E ci metto anche i fanatici religiosi che per me non hanno fede. Poi quelli che hanno fede sono tutti gli altri, quelli che credono in qualcosa che sia terreno, extraterreno o che abbia un rapporto di relazione profonda con la vita … è sempre fede.

Qual è il tuo punto debole?

Il mio punto debole … posso usare una parolaccia? Sono una “cagadubbi” (risata). A Roma si dice così, una cagadubbi, perché sono una che si fa 150 domande. “Ma, se, forse, però,ecc…”. Inoltre sono permalosa, mamma mia, che guaio. Sono del cancro e sono molto permalosa, anche se mi comporto come se non  fossi permalosa, ossia anche se ci resto male faccio finta di niente. Però non posso fare a meno di riconoscermi permalosa. Permalosa e cagadubbi, questi sono in assoluto i mie punti deboli.

Parliamo un po’ di Roma. In quale zona sei nata e come ricordi la Roma della tua infanzia?

Della mia infanzia l’ho ampiamente raccontata nello spettacolo teatrale “A letto dopo Carosello”. Io sono della periferia del quartiere Prati, che è la zona romana degli avvocati, della Rai, una zona centrale molto medio - borghese di liberi professionisti. E noi siamo cresciuti dove finiva Prati e dove cominciava quella che allora era la periferia di Roma. Sono cresciuta in un cortile condominiale, con la compagnia di tanti bambini. Quattro di questi continuo a frequentarli e sono le mie migliori amiche. Tre erano dello stesso palazzo e una è un’amica di scuola. Quindi sono proprio fedele sei secoli, da buona cancro (risata). E quindi ricordo un’infanzia da cortile, un’infanzia collettiva, un’infanzia tipica degli anni ’70. C’erano pochi soldi, ma ci si divertiva molto. C’era sempre un’euforia ed eravamo sempre in tanti, dei branchi di bambini, dei branchi di famiglie.

Quali sono state le tue abitazione romane?

Ho abitato in Prati, poi mi sono spostata sulla Cassia per tantissimi anni. Ho gironzolato un po’ qua e un po’ là. Principalmente Prati e via Cassia. La Cassia è una zona molto residenziale e devo dire perfetta per una fascia giovane,  perché può permettere di fare in 20 minuti avanti e indietro con il motorino, su e giù per la città. Poi ad un certo punto, quando ho fatto i 40 anni, ho pensato che era il momento di ritornare al Prati, avevo nostalgia del mio quartiere, dove c’è la RAI, le produzioni e quello che può essere utile per il mio lavoro e poi mia madre è qui vicina. Sono tornata all’ovile come spesso capita.

C’è un angolo di Roma che ami particolarmente?

Un angolo di Roma che amo particolarmente è l’angolo di casa mia, perché si affaccia sulle mura vaticane ed è in una zona molto popolare e allo stesso tempo tranquillissima. Un altro angolo che mi piace molto di Roma è campo de’ Fiori e dintorni. Anche il lungotevere mi piace molto.

Il tuo rapporto con la cucina romana?

Da una parte meraviglioso, perché io sono una mangiatrice professionista. Mai stata magra in vita mia. Dall’altra io non so cucinare, per cui mangio quello che cucina Massimiliano. Lui è bravissimo in cucina. Io so fare alcune cose. Io vengo da una famiglia napoletana, quindi a casa mia si è mangiato sempre napoletano. Per cui le lasagne si facevano con un certo tipo di ragù che doveva essere nero, se no è ragù ma pummarola. In poche parole sono cresciuta con una alimentazione partenopea, di polpette, struffoli, le zucchine alla scapece, la parmigiana di melanzane. Della cucina romana io amo molto i carciofi e amo tantissimo i rigatoni con la pajata che adesso sono tornati sulle nostre tavole, perché per tanti anni non si sono potuti fare per via della mucca pazza. Ma sono cibi impegnativi, che puoi mangiare solo a Natale, perché ci metti mesi a digerirli.

I mali di Roma che più ti danno fastidio!

Hai toccato un punto che mi fa molto soffrire. Roma è una città non pulita, noi residenti a Prati scriviamo un giorno si e un giorno no all’AMA, l’Azienda Municipalizzata addetta alla raccolta dei rifiuti e ho scritto più volte anch’io. Non è pulita e ha un manto stradale dissestato. Io ho problemi alla schiena e non posso più andare in bicicletta o in motorino, perché se devo arrivare in bicicletta alla prima pista ciclabile, prima che arrivi mi viene un’ernia per colpa delle strade dissestate. Un manto terribile e una rabbia che condividono i romani per le difficoltà in cui si vive, perché comunque non è una città facile. E’ una città la cui viabilità e le strade sono i mali peggiori. Poi ha tante cose belle, come il clima, il verde, ha dei paesaggi molto belli da vedere, la cucina, ecc.. Il romano sa sopravvivere in questa città caotica però sarebbe più bello vivere che sopravvivere, no?

Come trovi i romani, pregi e difetti!

Li trovo ultimamente, come ti dicevo prima, molto arrabbiati  perché le condizioni di vita sono complicate in questo momento, per cui la rabbia significa anche una difficoltà di convivenza, perché se sei arrabbiato, monti in macchina e al semaforo se uno davanti a te non scatta subito al verde, gli suoni il clacson 500 volte facendo inquinamento acustico. Per cui diventa una catena infinita di nervosismo che diventa pure contagioso. Mentre per quanto riguarda i pregi dei romani devo dire che in fondo è una persona buona e se può nel bisogno ti aiuta. E’ un po’ pigro ma è spiritoso, ma non è cattivo e non vuole fotterti. E’ una persona “de core”.

Per un’artista Roma che cosa rappresenta?

Rappresenta tante possibilità. La vicinanza con le possibilità rappresenta un grosso bacino con cui confrontarsi.  A Roma ho fatto tanti “live” e quest’estate sono andati tutti molto bene. L’ultimo lo faccio questa sera ai Giardini della Filarmonica, per cui se Roma ti segue e forse ti ama, hai delle possibilità di essere amato anche dal resto d’Italia. Comunque è un pubblico difficile da stanare ... è un pubblico che ha tanta offerta, quindi per scegliere te deve essere motivato. Ci tengo a dire che non è vero  che per avere successo bisogna trasferirsi per forza a Roma, sono convinta che la provincia dia le stesse possibilità, perché se uno è il più bravo di Alessandria, di Savona o di Caserta, ed emerge nella sua città, quando arriva a Roma, arriva portandosi dietro un bagaglio culturale e artistico notevole. E’ quello funziona,  secondo me. Però Roma accoglie molto e non è città respingente o repellente.

Hai mai lavorato per solidarietà?

Certo!

La solidarietà bisogna donarla senza dirlo oppure renderla nota per dare un buon esempio?

Guarda, io ho messo la faccia molte volte  per varie situazioni come ad esempio per  l’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla). A Natale ci siamo esposti sia io che mio marito e abbiamo lavorato per Emergency, per fare promozione al mercatino di Natale. Quindi quando ci viene richiesto, la faccia ce la mettiamo molto volentieri, anche perché se hai un po’ di popolarità “che ce fai?” Se può essere utile a qualcuno, va bene. Poi io in banca ho degli addebiti mensili per delle associazioni a cui sono molto legata e questa è una cosa mia privata e la faccio molto volentieri. Ripeto,  quando ci viene richiesto di esporci per solidarietà, e se crediamo nella causa, certamente lo facciamo.